domenica, Dicembre 22, 2024

Venezia 69 – Orizzonti – El Sheita Elli Fat – Winter of Discontent di Ibrahim El Batout (Egitto, 2012)

El Sheita Elli Fat – Winter of Discontent ripropone, comunque la si veda, una fondamentale questione: la dialettica tra cinema e informazione. Il cinema come forma di documentazione storica non è una novità in sé, ma piuttosto un fenomeno sempre in grado di sorprendere. Nel momento in cui al carattere più o meno immaginario della sceneggiatura viene ad affiancarsi l’efficacia rappresentativa del documentario, ecco che le immagini trascendono la loro funzione diegetica e forniscono resoconti effettivi. Il Novecento è stato il secolo dei più tragici abomini e al contempo teatro per lo sviluppo dell’arte cinematografica; questa coincidenza ha fatto in modo che le pagine più importanti di quell’epoca, dalle guerre alle rivoluzioni, venissero testimoniate e poi, nella maggior parte dei casi, drammatizzate. Una rappresentazione che avveniva subito dopo il fatto compiuto oppure richiedeva tempi per riflessioni più mature. Il bisogno di una maggiore o minore interiorizzazione degli accadimenti, che è sempre stato il limite di questo tipo di cinema, sta repentinamente mutando grazie alle nuove forme mediali di comunicazione, dunque Internet. Non c’è evento recente, dalle sommosse antigovernative in Iran al colpo di stato egiziano del gennaio 2011 (argomento del film in questione), che non abbia avuto rapporto precipuo e istantaneo con gli organi di informazione. El Sheita Elli Fat dell’egiziano Ibrahim El Batout (ex corrispondente da zone di guerra), si propone il compito di sublimare due esigenze distinte, ma ormai coincidenti: il bisogno di informare e la voglia di raccontare. Il film intreccia le storie di tre personaggi: Amr, un programmatore informatico già arrestato e torturato nel 2009 per attività sovversiva, Farah, giornalista televisiva che si ribella alla manipolazione d’informazione attuata dal suo canale, e Adel, capo dei servizi di pubblica sicurezza. Lo sfondo della vicenda è quello arcinoto di piazza Tahrir, teatro degli scontri tra le forze armate e i giovani protestanti. Ibahim El Batout documenta le vicende di questi tre personaggi durante la rivoluzione, alternandoli ai flashback che ritraggono Amr nei momenti della prigionia. Il motivo del montaggio intrecciato risiede nella volontà di dimostrare come la rivolta del 2011 sia stato frutto di un escalation di eventi che, stando alle didascalie finali del film, non sono ancora finite del tutto. Detto questo, il film pecca proprio per il bisogno frenetico di rappresentare la recente realtà; un errore amplificato dal fatto curioso che vuole del tutto assenti, se non brevemente nel finale, immagini di repertorio. Sembra quasi che il regista voglia fare a tutti i costi reportage, pur restandone ai margini. Intelligente la scelta di un racconto polifonico, all’interno del quale i caratteri avversi dei protagonisti si fronteggiano e mostrano una realtà variegata, per quanto già pregiudiziale. Meno efficace il ricorso a Youtube e altre trovate multimediali: lo stacco tra i video effettivamente in rete e quelli creati ad hoc produce un effetto fin troppo fittizio. Una smascheramento che in questo contesto sarebbe stato da evitare.

Davide Minotti
Davide Minotti
Davide Minotti nasce a Frosinone nel 1989. Dopo un'esperienza alla John Cabot University di Roma, si occupa ora di Germanistica e Scandinavistica tra l'Università degli Studi di Firenze e la Rheinische-Friedrich-Wilhelms-Universität di Bonn, dove vive. Appassionato di letteratura e cinema, spera che un giorno questi interessi possano diventare qualcosa di più concreto. Nel frattempo scrive e progetta cortometraggi nel perenne tentativo di realizzarli.

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