Reagendo idealmente agli stilemi di una cinematografia scabra e severa, legata esclusivamente alla rappresentazione delle problematiche socio-politiche del paese, il rumeno Paul Negoescu approda al Lido con una commedia che si sporge a Occidente e che ha per protagonisti una serie di ventenni/trentenni della middle class di Bucarest. In apparenza O luna in Thailandia è un divertissement brillante, che mette bonariamente alla berlina le inquietudini sentimentali del maschio medio, evitando, se possibile, riferimenti diretti alle condizioni di una regione in difficile cammino verso la modernità. Anche in Romania i giovani sono innamorati, volubili e indecisi. Amano le feste e le vacanze, hanno paura di accasarsi, ma ancor più di rimanere soli. Siamo a Bucarest, ma potremmo essere ovunque tranne, forse, nella Thailandia del titolo, sogno paradisiaco eternamente rimandato alla prossima occasione (o, forse, alla prossima compagna). Lo skyline della capitale ci accoglie comunque sui titoli di testa, che lasciano spazio a una giovane coppia di innamorati. E’ l’ultimo giorno dell’anno. Radu ancora non lo sa, ma nelle successive ventiquattro ore la sua esistenza prenderà una piega diversa (completamente?). Tutto il film è racchiuso nell’arco di una giornata campale, dove amore, ansia di liberà e rabbia presenteranno a turno il proprio conto. Alla ricorrenza che tutti festeggiano il 31 dicembre si sovrappone il “mesiversario” di Radu e Adina. Basta un gesto dei due innamorati per illuminare il carattere della loro unione. Lei, devota e pacata, gli consegna un piccolo dono. Lui, smemorato e impacciato, lo mette da parte senza contraccambiare. Lei sogna di vivere con il fidanzato e di introdurlo nella propria famiglia. Lui non dimentica le altre donne e dà segni di stanchezza. Un mese (“o Luna” appunto) da trascorrere insieme in Thailandia è quel che poco dopo Radu immagina per loro. Nel volgere di poche ore, mentre tutti si preparano alla mezzanotte, l’armonia lascia il posto all’insicurezza e alla gelosia, fino a un’inevitabile rottura. Improvvisamente Radu si convince che la donna dei suoi sogni è Nadia, fidanzata precedente di cui ha perso le tracce. Deciso a ritrovarla, il ragazzo trascorrerà l’intera nottata vagando alla ricerca del suo perduto amore. O Luna in Thailandia è in fondo un film sulla capacità e sull’incapacità degli esseri umani di comprendere i propri simili e di entrare in sintonia con loro, di percepire la loro presenza e l’impatto che potrebbero avere sulla propria esistenza. Radu rimane in fondo cieco, deciso a lasciare Adina perché affascinato dall’idea di avere con sé una compagna forte e indipendente. Mentre è al supermercato con un amico, si persuade di aver intravisto Nadia, figura misteriosa, persa e poi ritrovata. L’uomo insegue il proprio sogno, l’immagine di una donna che si illude di aver incrociato fra gli scaffali e sulla quale proietta l’immagine agognata. L’affannosa ricerca oscura ogni altro possibile contatto, tanto che il protagonista non si accorge delle donne che incontra lungo il cammino – la seducente fanciulla che cerca di confortarlo o la nuova e intraprendente amica conosciuta in un locale – potenziali compagne ben più rispondenti al modello, che passano inosservate agli occhi di Radu. Nadia alla fine compare. Non molto diversa da Adina, innamorata e fedele, tradita nel suo amore assoluto per l’uomo che adora. Due donne diverse, ma sovrapponibili (Nadia è l’anagramma di Adina), che si alternano nel balletto di sentimenti e false piste che agitano il protagonista. Anche qui vale la massima: “bisogna che tutto cambi perché nulla cambi”. In un film che non tradisce le promesse di lievità, la traballante vicenda amorosa diventa lo specchio di una società in bilico fra desiderio del nuovo e ancoraggio alla tradizione, che non rinuncia alle proprie radici (emblematiche in tal senso le posizioni assunte da Adina e da Nadia), ma conosce il gusto dell’ignoto.