“Non c’era assolutamente niente che mi desse la sicurezza che il mio progetto funzionasse, ed era esattamente questo che mi rendeva entusiasta” (Tristan Patterson)
Dragonslayer è un documentario sulla vita di Josh “Skreech” Sandoval, skater americano, fumatore di ganja, padre e ragazzo in cerca di lavoro. L’approccio di Tristan Patterson, qui alla sua opera prima, è appunto molto indie e ancor di più lomografico: alla base del progetto, infatti, sta uno sdoppiamento di punti di vista, un mix di materiale prodotto da Patterson e di materiale prodotto dallo stesso Josh, che prende la videocamera e ci fa un po’ quello che gli pare. Il rapporto tra soggetto filmante e oggetto filmato cambia nella misura in cui il soggetto talvolta coincide, talvolta si discosta asetticamente dall’oggetto. La personalità depressa e alterata di Josh, quindi, entra direttamente nel linguaggio filmico, interferendo, facendosi film in maniera spontanea.
La prima scena mostra il protagonista che, dopo aver trovato una vecchia piscina abbandonata, la pulisce pazientemente e inizia a “skatearci” dentro, per poi essere cacciato da una vecchia signora che minaccia di chiamare le forze dell’ordine. Questo è Josh: passione, caparbietà, emarginazione. Punk nel senso più tradizionale del termine.
Dragonslayer analizza, più che un movimento, un ragazzo, in maniera purtroppo un po’ sconclusionata. Un lavoro a cui manca uno scheletro, che paga il prezzo del suo orgoglioso vagabondare.