Madonna mette in scena se stessa con una capacità di riscrittura del proprio reale immaginario che si avvicina per certi versi al vampirismo di David Bowie, non tanto il Bowieattore, ma il Bowie-autore nei film altrui, quello di una filmografia trasversale sporcata dal liquido seminale dell’autobiografia (allusa, vera, presunta, poco importa) in Roeg, Hemmings, Oshima, Landis, Scott, Lynch dove l’ossessione per un corpo che scompare, sottoposto a invecchiamento precoce o alle interferenze del tempo, si manifesta come un segno forte di distanza e prossimità d/alla propria immagine. W.E. allora diventa davvero un acronimo polisemico che descrive più sovrimpressioni; film di fantasmi che si osservano e cercano di toccarsi con gesti di semplicità psicometrica, dove Madonna è certamente una di loro; opera di materialità storica che mette insieme presente, passato e futuro come se si trattasse di una lettura spontanea e selvaggia delle intuizioni di Pierre Sorlin, ovvero con una sensibilità viva, che percorre il tempo per salti, facendo reagire footage originali, frantumando il punto di vista nella sovrapposizione di formati, leggendo la storia come presenza. Non si tratta solamente della relazione aptica tra Wally Winthrop e gli oggetti materiali appartenuti a Wallis Simpson, sfiorati dalla donna di Manhattan con la volontà di stabilire una connessione intima con un passato altrimenti confinato in uno spazio museale e simbolico, ma anche della materia cinema che Madonna manipola con un abbandono certamente diseguale ma assolutamente vivo e sorprendente. In questo senso, W.E. è anche un film attraversato da una potente anima musicale, con alcune sequenze trainate da una trasversalità ritmica che non ha quasi mai una pertinenza filologica (Henry Mancini, Sex Pistols, il lavoro di ricerca fatto da Tiersen e Korzeniowski) ma che cerca al contrario una verità interiore tra suono e immagine attraverso la sconnessione del punto di vista tra oggetto e soggetto; in fondo, quello che madonna ha fatto sino adesso con la sua stessa di immagine, cercando la verità tra reale e irreale.