I video più belli di Tom Haines, se ci limitiamo alla sua produzione legata alla musica, sono quelli che lavorano sul rapporto tra corpi e spazio, basta pensare ai primi, bellissimi videoclip girati per i White Denim nel 2008, oppure al noto spot realizzato per la campagna “Surreal house” del Barbican Centre per capire quanto l’immagine del regista Inglese sia votata alla scoperta della complessa relazione tra questi due elementi. Non sono esclusi da questa ricerca i recenti lavori girati per Temper Trap e The Civil Wars.
Collider, il video uscito in queste ore per promuovere la musica di John Hopkins è a nostro avviso il più potente tra quelli realizzati da Haines in anni; uscito dopo Open Eye Signal, il pluripremiato promo diretto da Aoife McArdle sempre per Hopkins, cerca di avvicinarsi all’elettronica del musicista Londinese con un approccio apparentemente non dissimile, mettendo al centro un personaggio e lavorando su una trasformazione ritmica del movimento; ma a differenza del video di McArdle, il risultato è meno orientato all’esperienza del paesaggio e trasforma il percorso in una lotta vera e propria tra corpo posseduto e spazio post-industriale, quasi come fossero elementi che dai patterners di Hopkins trovassero una via per diventare sguardo. L’esperienza è maggiormente cognitiva, meno legata alla superficie, e più direttamente interiore; racconta, più di qualsiasi altro documento, la sofferenza causata da un cortocircuito psichico, e la confusione tra spazio reale e spazio “possibile”, che si può sperimentare in una condizione alterata. Come ha dichiarato lo stesso Haines, la musica di Hopkins ha una qualità immersiva, che ha la doppia caratteristica di essere interiore e allo stesso tempo, superficialmente aggressiva: “volevamo creare un viaggio interiore, che fosse claustrofobico e liberatorio allo stesso tempo, una sorta di cerimonia voodoo, dove il ballo del personaggio principale è per se stessa ma permette l’accesso ad una dimensione parallela”