All the world is rising up like vomit | Filling up my ugly little mouth | There’s a sickness deep inside my eyeball | Got to find the tool to cut it out; cosi canta Ezra Furman nella splendida I Wanna Destroy Myself, tratta dal suo recente album uscito per Bar Bone e intitolato Day of the dog, secondo capitolo solista di un’avventura cominciata molti anni prima con i Boston’s Harpoons. Del brano è appena stato pubblicato un video diretto da John hutelmyer, giovane videomaker formatosi a Philadelphia, che nella sua carriera ha girato centinaia di video per band locali per farsi un portfolio e che nel 2010 ha curato la post produzione per il documentario dedicato ai “30 seconds to mars” per Universal Music Latin Enterntainment. Il video per Ezra Furman è un mix incendiario di footage documentaristico interrotto dalla performance del nostro vestito con un incredibile vestitino floreale. Le immagini fanno il paio con la violenza distruttiva del testo, tra simil Hells Angels, party a base di LSD, combattimenti con le catene per biciclette. Il Brano combina soul, rockabilly e punk in un unico pugno ben assestato sotto la cintura, tanto da esser stato definito come “una canzone dei Modern lovers attrezzati con una sezione fiati”.
Day of the dog è il secondo album solista di Ezra Furman, rockman di Oakland, e con all’attivo un album intitolato The Year of No Returning, arrivato dopo una lunga militanza nei Boston’s Harpoons con cui ha realizzato quattro album in cinque anni. Day of the dog è stato registrato a Chicago presso lo Studio Ballistico, prodotto e mixato da Tim Sandusky, è uscito su Bar None lo scorso Ottobre. L’album porta avanti la forma scabra, oscura e allo stesso tempo pop del precedente lavoro di Furman arricchendola con un prisma più complesso in termini compositivi; Day of the dog è rock’n’roll come potevano esserlo i Ramones, Phil Spector, New York Dolls, ma mantiene una forma intima e colloquiale che fa pensare ora a Billy Bragg, ora a Jonathan Richman, ora a un Buddy Holly caricato su una macchina del tempo e ancora l’Elvis costello dei primi album (brani come “My Zero” e “Been So strange” sembrano recuperare la forza innodica del rock anni ottanta, decostruendola). Furman è coadiuvato dalla band che da anni si porta dietro, Sam Durkes – batteria e percussioni; Ben Joseph – piano; Jorgen Jorgensen – basso e il notevole sax di Tim Sandusky che offre al suono di Furman una qualità specifica e riconoscibile.