[Le Foto dell’articolo sono di Giuseppe Zevolli, eccetto ove diversamente specificato ]
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“La Liverpool di Francia”. Così viene soprannominata Clermont-Ferrand, cittadina nel cuore dell’Auvergne, in virtù della brulicante attività concertistica che la contraddistingue, a fianco del celebre Festival International du Court Métrage, come uno dei principali poli culturali della nazione. Della scena musicale il festival Europavox è senza dubbio l’espressione più completa e di grande risonanza. Giunto ormai alla sua settima edizione, il festival ha radunato dal 2006 più di 300 artisti di ben 32 nazionalità diverse: “l’unité dans la diversité”, questo il motto programmatico del progetto, volto alla riscoperta di uno spirito europeo nel suo senso più ampio e capillare assieme, attraverso la proposta di gruppi provenienti da tutti gli angoli del vecchio continente, scoperti magari per caso dagli ideatori durante peregrinazioni volontarie o attraverso un’interlocuzione informale e curiosa con i giornalisti di ogni singolo paese, cui viene chiesto abitualmente di stilare una lista di new acts di casa propria da prendere in considerazione per le edizioni a venire. In altre parole il quid di Europavox risiede in un senso profondo e collaborativo di scouting, un’attività che viene spogliata il più possibile da implicazioni monetarie e di marketing, per rispondere a uno spirito aggregativo che al festival si percepisce in ogni dove: nella cura dell’organizzazione, nella curiosità dei giornalisti, nell’entusiasmo del pubblico e, ovviamente, in quello degli artisti. Ci sono anche i grandi nomi, certo. Ma dopo tre giorni passati a gironzolare tra le venue alla ricerca di nuovi stimoli musicali mi sento di poter dire che a caratterizzare Europavox non sia tanto la grande attesa per l’headliner, quanto lo scarto tra la profonda diversità delle innumerevoli proposte. L’altra metà del festival è il pasticcio dei generi. Rock, pop, world, chanson française (e ci mancherebbe altro), dubstep, dance, hip-hop e molto altro, ciascuno con relative clausole e sottocodici. Se una tale varietà di fatto non manca a nessun festival che si rispetti, Europavox ha forse una marcia in più a distinguere i mille switch di atmosfera, quel senso di disorientamento dato dal trapasso tra il micro e il macro, al punto che giunti alla terza giornata, mentre state per andare a sentire gli Hives vi farete lo scrupolo di controllare cos’altro potreste perdervi in contemporanea. E potrebbe benissimo essere un piccolo gruppo estone, chi lo sa.
Il festival si svolge attorno alla Place du 1er de Mai, descrivendo una L che vi darà un senso di scorrimento più vicino alla passeggiata che al classico fugone tra un tendone e l’altro. Venue diversissime e tutte dall’ottima acustica e capienza, un altro punto forte del progetto: La Coopérative De Mai, il mastodontico Forum, che accoglie i concerti di maggior richiamo e i tipici schermi da regia live, l’Auditorium (che apre quest’anno per una produzione speciale di cui parleremo tra un attimo) e il Palais des Glaces, una struttura circolare policroma e dall’impianto quasi circense, un gioco di specchi che mostra la massima flessibilità di atmosfera, dal djset da notte tarda all’esibizione folk verso l’imbrunire. Nel mezzo uno spazio gratuito per concerti estemporanei, dove spesso tornano ad esibirsi gli artisti negli interstizi di tempo e una nuova area di spettacoli e animazione, FACtory (continua alla pagina successiva…)