martedì, Novembre 5, 2024

Europavox – Clermont-Ferrand 25-27 Maggio 2012, il reportage

La magia di H mi costa l’esibizione degli A Classic Education, unici italiani al festival, già apprezzati non solo in Europa, ma anche negli States con i loro due primi ep e il primo full length Call It Blazing. Un vero tripudio al Palais des Glaces, mi dicono mentre mi mangio le mani.

Resto invece in mood francese e mi affaccio timidamente a una folla in delirio per uno dei gruppi più amati del paese, i Dionysos. Dai racconti e aneddoti ascoltati in giro nelle ore precedenti so già cosa aspettarmi, un supergruppo di eccentrici menestrelli del rock, noti per le performance coinvolgenti e per l’interpretazione vulcanica del loro leader incontrastato, Mathias Malzieu. Non è forse un caso che appena entrato lo senta enunciare a pieni polmoni: “I want to fuck every girl!”. Il mondo dei Dionysos è surreale, fantastico e si dice, sia più indebitato con i racconti di Roal Dahl che con i mostri sacri del rock. Un autentico armamentario di strumenti e atmosfere cabaret-western per promuovere i nuovi pezzi del sestetto, tratti dal nuovo disco Bird ‘n’ Roll. Il momento topico che mi era stato annunciato arriva puntuale: su un manto di distorsioni elettriche e urla corali Mathias si butta nel mare della folla per un lunghissimo stage diving di andata e ritorno, dal bordo del palco fino a metà dell’enorme sala and back (letteralmente), da cui torna fresco come una rosa.

Dopo il piatto ricco dei Dionysos lo switch è di quelli più drastici: mi attendono i Luno al Club della Cooperative de Mai, un palco più piccolo accanto alla venue principale. Il dream pop dei Luno arriva da Praga e tenta di rivisitare suggestioni 90s à la Mazzy Star, che il cantato scomposto di Ema, voce del gruppo, cerca di emulare scambiando troppo spesso per estasi un urlato non proprio convincente. Dopo quattro salti a ritmo di dubstep con il londinese Benga, che dà sfogo all’animo più coatto di tutti noi, scopro che al posto dei Luno si è sistemato Victor Ferreira aka Sun Glitters, artista del Lussemburgo, che nel giro di un pezzo riempie la sala di curiosi, giovani in fase di preparazione alcolica pre-Agoria e, scorgo da lontano il suo cappello, l’entourage di Arthur H. L’ottimo debutto di Sun Glitters, Everything Could Be Fine, dell’elettronica  mira a fare nostalgia pura, riuscendo a non intellettualizzarsi troppo e mantenendo staccati di musica concreta che vi rendono possibile ballare nel bel mezzo del vostro mood peggiore. Tra le influenze di Victor sono Boards of Canada, Balcam Acab, Burial ed è a quest’ultimo che ci si può limitare in tema di vaghe somiglianze. Tra contrattempi e voci distorte, ora flebili, ora mostruose, Sun Glitters è una delle più grandi scoperte del festival. Come se non bastasse dietro al suo affannarsi sulle macchine vengono proiettati numerosi video consacrati alla bellezza femminile, ritratta nel disagio, nella confusione o nella ripetizione compulsiva di un unico movimento, come quello del godere di Feel It.

[vimeo]http://vimeo.com/21491928[/vimeo]

Alle ore 2:00 chi ha deciso di rimanere sa dove andarsi a piazzare: c’est la nuit électro! Il magnate dell’elettronica francese e DJ (nonché co-creatore del festival Nuits Sonores) Sébastien Devaud, in arte Agoria, presenta Forms, un lungo set di quasi due ore (in realtà concepito fino a cinque) accompagnato dagli straordinari ologrammi ideati dal collettivo Forms. Il djing di Agoria tuona senza sosta, techno minimale esaltante che unita alle immagini riesce a farsi lisergica e interlocutoria al contempo. Altissimo, eretto sopra a quei due strati di folded papers su cui i laser giocano ininterrottamente, si concede anche il lusso di riprendere patterns a distanza di una mezzora ed ospitare un lungo remix di Iron, sì, sempre di Woodkid. Le forme di Agoria sono una cascata di colori accecanti e disegni per l’appunto geometrici, che vengono idealmente a contaminare la staticità fisica e mentale della metropoli contemporanea. Nella sezione centrale vengono proiettate immagini di catene di montaggio, stazioni metro e uffici, in cui tutto finisce per schizzare sotto il peso di una tavolozza sovraccarica di ologrammi che scendono fin sotto il palco, da cui semidistrutti e sudaticci schiodiamo verso le 4:00.

(continua alla pagina successiva…)

Giuseppe Zevolli
Giuseppe Zevolli
Nato a Bergamo, Giuseppe si trasferisce a Roma, dove inizia a scrivere di musica per Indie-Eye. Vive a Londra dove si divide tra giornalismo ed accademia.

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