Alien whale è un progetto completamente casuale ma con una logica abbastanza concreta. Andiamo subito al sodo, come loro stessi fanno nell’omonimo 10 pollici edito da Care in the community recordings e prima effettiva registrazione in studio, dopo “live on tape”, album digitale registrato dal vivo nel 2009. Prendiamo la prima traccia, Astral projections and suicidal thoughts. Tutto verte sul solito giro, trasposto da chitarra a tastiera, mentre intorno ruota il mondo. Come se si fermasse un individuo sulla terra e quello che ha intorno decidesse di convergere verso di lui. L’entropia osservata al contrario.
La balena aliena, nome che suona benissimo anche nella traduzione letterale italiana, concepisce buone idee e le porta fino in fondo; tutto parte da riff che meritavano una giusta valorizzazione e questi, senza troppi giri di parole, vanno a sfasciare gli headbanger più accaniti. Il math rock senza crescendo, solo una grande onda d’energia, con riflussi laterali. Il risultato è lo stesso: lo tsunami abbatte tutto. Le tastiere di Matt Mottel (Talibam!) nemmeno ci provano a essere inconsuete: hanno l’allure di un organetto. Come pure le chtarre di Colin Langenus (USAisamonster), doppiate in modo semplice ma d’effetto. La massa più impattante, come da copione per un gruppo energetico come questo, proviene dal drumming, quello del batterista Nick Lesley (Necking), una furia anche con le sordine, forse anche se suonasse usando bicchieri trasmetterebbe la stessa potente carica.
La terza e ultima traccia è la realizzazione di questa musica ciclica, un flusso (la parola non è usata a caso, dato che i membri degli Alien Whale hanno militato anche nel collettivo Fluxus) rock coinvolgente e dinamico, seppur statico nella struttura, la classica traccia che potrebbe durare all’infinito. Dagli Alien Whale potremmo aspettarci enormi cose in futuro, ma al momento sembra che il trio sostanzialmente si diverta, scegliendo con cura le tracce, e cesellandole a dovere prima di scatenare l’inferno.