Antiplastic: un nome preso da Doctor Who, ma tutt’altro che un’attitudine nerd o sociopatica. Dietro a questo nome d’arte si nascondono parte delle eminenze grigie del dub e reggae italiano, uno su tutti il Madaski degli Africa Unite e Tuzzy dei Casino Royale e Asian Dub Fondation. La concentrazione di dub potrebbe assassinare qualsiasi ascoltatore non avvezzo ai ritmi sincopati: la lunghezza d’onda dei bassi è occupata da batteria e synth, a sovrastare rimane la voce di Rayna, seguendo bei flow come in Bad Doll, o lasciando il posto a spezzoni di film come in I Realized (unico pezzo legato al dub primigenio). Molti synth suonano genuinamente datati, carichi e taglienti.
L’apripista Pretty Fresh pare la soundtrack di una gara di drift tra bolidi iperpotenziati in un’autostrada del Giappone, Don’t Worry il sottofondo nei garage clandestini dei corridori. A seconda dei bpm si passa dal dub al reggaeton, complice il rap ispanico in I’m like a Mine. E la lunghezza delle tracce è la base naturale dei remix (che si possono trovare nell’account Soundcloud di Elastica Records). Manca qualche guizzo creativo come Evil Drums, ma giustamente è da considerarsi episodio a sé. In Not for Sale non si scampa dal dub assassino, e in The Weather Space si incappa pure nella dubstep. Poca, perchè le radici non si dimenticano, e in Italia la scena reggae, resiste ai crepitii del tempo e della musica, soprattutto grazie ai fautori di questo progetto.
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