Gumo è un progetto apolide toscano distribuito da Fresh Yo! Label. Apolide perché Alberto Serafini, Manuel Schicchi e Juri De Luca vivono in città diverse e hanno avuto anche alcune esperienze extraeuropee. Durante l’estate del 2015 decidono di affrontare la controparte visuale di “Asking”, singolo del loro full lenght “The Dark and The Water”, prodotto attraverso una serie di session estive da località molto distanti, tra Arezzo, Milano e Austin, in Texas.
Prima ancora che le regole di social distancing impostassero in modo esplicito e massificato una nuova dimensione della connettività, questa esisteva già, incorporata nelle potenzialità migliori dei nuovi media. Per chi scrive e per indie-eye, l’interpretazione connettiva degli spazi di condivisione è pane quotidiano, sicuramente da questa intervista con Derrick De Kerchove pubblicata nel 2007, ma anche a partire dai primi podcast prodotti dal 2005 a distanza, con la collaborazione di artisti internazionali e nazionali, dove il risultato era ed è ancora il frutto di più intelligenze connettive che producevano un “pezzo” del prodotto finale da località diverse.
Dell’intelligenza connettiva i Gumo ne hanno interpretato un frammento con fantasia e creatività.
Attraverso una serie di sessioni via Skype si trovano a fare brainstorming, condividere le proprie intuizioni musicali e alla fine a realizzare un videoclip per il singolo, fuori dalla prassi produttiva consueta.
Un’idea nata per gioco, ma che sostanzialmente anticipa quello che abbiamo visto nei mesi del Covid-19 come reinvenzione dello spazio condiviso in rete, con risultati più o meno stimolanti, più o meno gregari.
Il video di “Asking” non è ovviamente una sessione skype in diretta, ma frutto di un lavoro successivo di post-produzione che interpreta lo spazio in modo ludico, combinatorio e positivamente incongruo.
“In questi tempi di “distanziamento sociale” e lontananza il video di Asking risulta attuale e ha molto da dirci su come la distanza possa essere relativa e annullabile – dicono i Gumo – in virtù di un’aggregazione che supera le barriere della fisicità senza perdere di valore. Continuare a ripeterci che “andrà tutto bene” fa sospettare un’imminente fregatura. Non sappiamo come andrà, ma sappiamo che forse un modo per far funzionare le cose lo troveremo”
I Gumo, artefici di un sonic pop contagioso e sghembo, memore della lezione di Pavement e Guv’ner, ma anche del punk essenziale della Moe Tucker solista, espandono la cornice casalinga e azzerano la distanza tra spazio privato e rappresentazione.
Il gioco, sembrano dirci senza troppe mediazioni, ci salverà.
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