Atto Seguente è il moniker di Andrea Vernillo, ma anche la sigla di un progetto musicale che si lega a processi narrativi ben precisi. “Where i am” è il secondo singolo dopo “Open” ad anticipare “The Moment Before“, Ep in via di pubblicazione per l’etichetta Dirty Beach. Le sei tracce dell’album sono legate alla figura del Soccombente, personaggio in cerca di un’identità o di una storia, proprio nel momento in cui deve affrontare un possibile risveglio.
A dirigere il video di “Where i am”, troviamo Chiara Rigione, regista di talento di cui abbiamo già parlato diffusamente e autrice, tra le altre cose, del video di “Amore un Cazzo“, realizzato per Paolo Pietrangeli; per la redazione di indie-eye in testa alla top ten del 2020.
Apparentemente vicino al lavoro precedente, in realtà “Where I am” porta avanti un discorso coerente e rigoroso su forme e materiali della documentazione, aggiungendo un passaggio ulteriore alla ricerca.
“Ho utilizzato VHS di famiglia degli novanta appartenenti ad Andrea Vernillo – ci ha detto Chiara Rigione – aggiungendo alcune riprese realizzate appositamente per lui, utilizzando una videocamera sony Hi8, questo per creare una continuità tra i due stati, passato e presente, come se in qualche modo le immagini venissero riscritte sullo stesso nastro dei vecchi filmati“
Un approccio davvero interessante che ancora una volta interroga la nostra relazione con la memoria, attraverso i dispositivi.
I nastri cancellati, le immagini inattese che emergono dal rumore bianco delle VHS, gli slacci e la materialità del montaggio, la fragilità del supporto, spalancano una riflessione sul tempo come se fosse una sequenza di cicatrici. Se con le immagini digitali abbiamo perso qualcosa, attraverso il processo di perfezionamento della definizione, questo è proprio l’indicibile, l’impermanenza, la possibilità che da una cassetta smagnetizzata possa emergere un rimosso.
Il digitale subentra nuovamente come possibilità combinatoria, legata alla manipolazione del tempo e nel caso di “Where I am”, ad una sinestesia tra musica e tempo dell’immagine che Rigione raggiunge attraverso i piccoli difetti dei nastri analogici, utilizzati in direzione creativa e per creare vere e proprie cellule ritmiche.
Il movimento circolare che nel racconto di autocoscienza giunge a rivedersi e rivedere le proprie origini “è una presa di coscienza”, ha aggiunto Chiara: Il font utilizzato per i titoli è quello tipico dei filmati in vhs, ho “marcato” con where I am tutte le immagini ex novo per distinguerle da quelle del passato che talvolta riportano anche la data. Ma lui è davvero lì in quelle immagini oppure è altrove?
Il montaggio così frenetico, compulsivo e a tratti insostenibile voleva rendere quella ricerca e quello smarrimento più evidenti. Cosa troviamo e cosa smarriamo cercando?“