Tchi Wara tradotto in modo letterario significa “il leone tra gli agricoltori”, frase che indica il migliore tra chi coltiva i campi ma anche maschera rituale che viene assegnata a chi la merita, per favorire il successo del raccolto a conduzione famigliare ma anche quello dell’intera comunità di riferimento. È attraverso questo concetto che “il maestro” Sissoko sviluppa la sua nuova raccolta di canzoni, sempre animata dallo spirito dell’Amadran, la struttura della musica Maliana, basata su forme ipnotiche e ripetitive; uno stile specifico che gli consente di integrare con i modi della sua tradizione elementi blues, Jazz, reggae e per certi versi anche psichedelici, in un “metissage” sincretico che trova, sorprendentemente, connessioni espressive inedite. Come in African Griot Groove, Baba Sissoko si inventa una “fusion” vitalissima e per niente accademica, grazie ad un combo di musicisti provenienti da diverse parti dell’Africa, capaci di muoversi ai margini della tradizione Maliana con innesti di rock elettrico (Ebi), reggae (kele) world jazz (Lerho Leyila) e mantenendo sempre alto il livello della danza. I temi che Sissoko affronta sono legati alla sua terra ma con l’intenzione di trasformarli in un messaggio universale; si parla dell’energia della natura, della forza distruttiva della guerra, capace solamente di azzerare ogni legame ed ogni tradizione, dell’ansia di pace come nutrimento principale per lo spirito, dell’energia femminile e della tradizione Griot come grande veicolo di cultura orale. Particolarmente toccanti il brano dedicato a Nelson Mandela e “Le monde”, ultima traccia dell’album che racconta il mondo come grande villaggio, dove ogni cultura e religione può anelare ad una vita di scambio e di confronto.