L’artista apolide francese, parte iraniana e parte serba, torna a scavare le radici culturali che le appartengono, dopo l’iniziativa condivisa con Aida Nostrat.
Daughters of Cyrus si incuneava esplicitamene tra le istanze del movimento di liberazione delle donne iraniane, rileggendo un brano tradizionale del 1927 scritto da Mohammad Ali Amir Jahid e Morteza Ni Dawood.
“Marianne” ospita l’attrice iraniana Golshifteh Farahani, di stanza in Francia e molto attiva per i diritti delle donne del suo paese.
Cantato in francese da Barbara Pravi e in farsi da Farahani, il brano è dedicato in parte a Marjane Satrapi, la cui figura diventa paradigma di tutte le donne comuni in lotta, oppresse dai regimi totalitari che hanno fondato il loro potere sulla paura e la repressione.
Parole evocative e durissime quelle di “Marianne” che si connettono alle rivolte e ai movimenti femministi iraniani, ma anche alla condizione delle donne Afghane e alla recrudescenza del fondamentalismo.
In questi giorni Ebrahim Raisi ha approvato il bilancio per intensificare le iniziative repressive in Iran.
L’obbligo di indossare il velo viene controllato attraverso applicazioni e metodologie orwelliane utilizzate per il sequestro delle auto, l’incarcerazione e le torture per chi viola le norme.
Un “apharteid” di genere che le due artiste descrivono anche attraverso le immagini del videoclip uscito oggi, 8 marzo 2024 e diretto da Elodie Filleul, collaboratrice stabile di Pravi sin dai tempi di Voilà.
La cantante e l’attrice si muovono in un limbo di luci e veli, cercando di stabilire una relazione tattile e visuale tra le pulsazioni inesorabili scandite tra la luce e il buio. Visione strobo e bombardamento sensoriale che segue l’incedere clubbing e world del brano, mentre viene simulato lo spazio senza uscita di un conflitto, quello di una prigione, la cancellazione operata dal potere su corpi e identità.
Tu craches sur les politiques
Qui fondent notre monde sur la peur
Jusqu’à quand la haine et les fanatiques
Tueront tes frères et tes sœurs