A un paio d’anni di distanza da Moody, Standard and Poor arriva finalmente il terzo album per gli Obits, la band formata da Rick Froberg dopo lo scioglimento degli Hot Snakes. Il disco esce, come entrambi i precedenti, per Sub Pop, che si conferma nuovamente come sinonimo di qualità in più generi dopo l’evoluzione subita nell’ultima decina d’anni.
Bed & Bugs è un’ulteriore tappa nel cammino evolutivo degli Obits, che partendo da una solidissima base garage rock si aprono ad un ventaglio di influenze sempre maggiore, andando a toccare lidi psichedelici (il raga di Machines, dove ci si potrebbe aspettare di sentir spuntare un sitar), surf (soprattutto nello strumentale Besetchet, un Dick Dale scarnificato) e a volte quasi rock FM anni 70 (vedi Receptor, pezzaccio da highway americana con un lavoro di chitarre a tratti dalle parti dei Free). Non tutto funziona sempre al 100%, questo va detto, ad esempio la conclusiva Double Jeopardy (for the Third Time), che non si capisce dove voglia andare a parare con la sua psichedelia mal riuscita, oppure il bubblegum sguaiato di This Must Be Done, ma il livello del disco resta indubbiamente buono, sia negli esperimenti citati che soprattutto quando Rick e compagni tornano a fare quello che sanno fare meglio: canzoni killer garage-punk. Il livello di questo tipo di brani è anzi altissimo: per esempio Taste The Diff, col suo riff spettacolare e la sua ripartenza finale carichissima, non ha nulla da invidiare a Pine On, il singolone del primo album che ebbe un discreto successo, oppure Spun Out, che occhieggia più ai sixties ma con un’aggressività moderna, o ancora It’s Sick, la più abrasiva e propriamente punk del lotto.
Un disco di passaggio dunque questo Bed & Bugs, in cui gli Obits hanno giocato con la loro musica e cercato nuove vie, confermandosi comunque come una delle più solide realtà in ambito garage. Il futuro ci dirà dove potranno portare queste sperimentazioni e quale sarà la reale direzione del suono Obits. La nostra speranza è che, comunque vada, lo spirito punk non venga mai meno, perché è quello che dà quel qualcosa in più alle loro canzoni.