venerdì, Novembre 22, 2024

Blonde Redhead, Misery is a Butterfly tour: l’intervista con Amedeo Pace

[Le foto dell’articolo sono di Julien Bourgeois ]

Abbiamo parlato a lungo del nuovo tour dei Blonde Redhead dedicato a “Misery is a Butterfly“, più di un’operazione semplicemente retrospettiva, l’occasione per raggiungere una fedeltà maggiore rispetto all’album, portando per la prima volta sul palco una sezione archi vicina a quella che fu impiegata durante la realizzazione in studio nel 2004. Dopo un tentativo sperimentale allestito a Parigi, la band dei gemelli Pace e di Kazu Makino ha deciso di prolungare l’esperienza con una serie di date che partiranno proprio dall’Italia per poi proseguire subito dopo negli Stati Uniti. Abbiamo contattato telefonicamente Amedeo Pace, voce e chitarra dei Blonde Redhead per farci raccontare l’origine del progetto e la sua fisiologia. Nel mezzo, il “metodo” di una band tra le più stimolanti e originali del panorama internazionale e alcune visioni sul futuro.

Mi piaceva cominciare chiedendoti qualcosa riguardo il nuovo tour dedicato a “Misery is a butterfly. Perché avete scelto di riproporre l’intero album sul palco?

È una cosa che abbiamo sempre voluto fare, soprattutto Kazu ci teneva molto ad integrare la sezione archi. L’avevamo già fatto per una rassegna dedicata a Serge Gainsbourg. Per l’occasione avevamo eseguito due suoi pezzi ma soprattutto “Misery is a butterfly” nella sua interezza anche perché è un album che trae ispirazione dalla sua musica. Proprio per questo si è scelto di non fare solamente pezzi di Gainsbourg. È stata un’esperienza molto bella e si è deciso di riproporla in modo più specifico anche negli Stati Uniti. Titti Santini, Managing Director di Ponderosa Music&Art, ci ha proposto di venire in Italia a fare questi concerti come introduzione alla tournee americana, perché ci teneva molto; Titti è un nostro caro amico ed è il nostro agente per quanto riguarda i concerti in Italia. Al di là delle occasioni, era una cosa che avremmo sempre voluto fare.

Che tipo di approccio avete scelto riguardo arrangiamenti e suoni. I concerti saranno molto diversi dalla versione studio di Misery is a Butterfly?

Sarà un po’ diverso perché non riusciremo ad avere più di cinque o sei archi. Io spero che ci si arrivi abbastanza vicini. Quando lo abbiamo fatto a Parigi è stato molto bello anche per l’interazione con gli archi, per noi era la prima volta. Già dall’11 luglio saremo in Italia per fare alcune prove, per comprendere gli arrangiamenti più adatti e per capire l’utilizzo più consono degli archi.

Quali musicisti porterete in tournee. Avete già collaborato con questo ensemble?

Con il quartetto collaboriamo per la prima volta, ma ci sarà comunque Eyvind Kang, che aveva curato parte degli archi per Misery is a Butterfly (N.d.a. Kang suona la viola ed è un compositore statunitense cresciuto in Canada. Oltre che con i Blonde Redhead, ha collaborato anche con John Zorn, Bill Frisell, Wayne Horvitz, Mr. Bungle e molti altri). Gli arrangiamenti di Misery in studio sono stati scritti con lui, e verrà personalmente a fare il quinto elemento dell’ensemble, con la sua viola. L’ensemble al completo potrebbe essere costituito da due violoncelli, due violini e due viole. Eyvind si prenderà la responsabilità di dirigere l’insieme degli archi.

Blonde_Redhead-2

Facendo un passo indietro e precisamente al momento di produrre Misery is a butterfly, come si è svolto il lavoro con Guy Picciotto e quanto ha influito sulla definizione di un nuovo suono per i Blonde Redhead?

Con Guy Picciotto abbiamo lavorato per tre album e tutti e tre suonano molto diversi. Per quanto riguarda Misery, avrebbe dovuto esser registrato molto prima, ma Kazu ha avuto un incidente causato da una caduta da cavallo, poi in seguito ha avuto la broncopolmonite e si sono aggiunti altri ritardi. Fu un periodo molto traumatico per lei. In qualche modo questa attesa ci ha consentito di continuare a lavorare sui pezzi e quindi decidere che avrebbero dovuto esserci gli archi, quindi da questo punto di vista la decisione di ottenere quel suono specifico è stata praticamente nostra. Guy ci ha aiutato più che altro a capire alcune cose che non riuscivamo ad individuare in noi stessi, aspetti che avremmo dovuto apprezzare come per esempio una voce che a noi sembrava strana, ma che per lui aveva un impatto molto particolare, oppure un take che secondo lui era molto naturale, mentre noi non eravamo molto soddisfatti, quindi indirizzandoci verso aspetti attitudinali legati alla musica, anche in termini strettamente organizzativi come tenerci in regola per non farci perdere troppo tempo, e in questo ci ha aiutato molto. Per quanto riguarda lo sviluppo del suono questo è vero per alcuni brani come per esempio Equus dove Guy è stato molto attivo, mentre per quanto riguarda tutto il resto dell’album, avevamo già dei demo registrati con un’idea molto chiara di quello che volevamo.

Durante il tour che porterà Misery is a Butterfly nuovamente sul palco, ci sarà spazio anche per altri brani del vostro repertorio, magari scelti secondo un principio di integrazione che si avvicini al suono di “Misery”?

Ne stavamo parlando ieri nella nostra saletta prove, litigando (n.d.a. ridiamo). Ognuno di noi vuole una cosa diversa. Per esempio Kazu vorrebbe mantenere il suono molto puro ed eseguire solo Misery senza aggiungere altri pezzi come per esempio “23” o altri che facciamo sempre dal vivo. Simone ci teneva a provare nuovi pezzi di Barragán aggiungendo la sezione archi. È un aspetto che interesserebbe anche a me, ma vorrei nel caso provare ad inserire un nuovo pezzo che abbiamo scritto e forse anche due, e quindi vedere se è il caso di elaborarli con arrangiamenti specifici. Oggi abbiamo le prove e decideremo che cosa fare, non riusciamo bene a decidere in questo momento, soprattutto ci preme fare qualcosa di nuovo che non sia lo stesso concerto di sempre.

Blonde Redhead, Melody – Video ufficiale

Se penso alla vostra musica lungo gli ultimi ventidue anni mi viene in mente una sorta di tensione erotica. Esplosiva durante gli esordi, più sottile e invisibile adesso. Un confronto che avevo in mente era legato a due vostre esperienze live lontane nel tempo. La prima è un concerto del 1993 all’Anfiteatro Pecci di Prato in supporto ai Sonic Youth, dove tu e Kazu a un certo punto vi siete abbracciati al centro del palco in una sorta di amplesso che coinvolgeva i vostri strumenti. La seconda esperienza è il recente concerto al Viper di Firenze nel marzo del 2015 dove durante “Bipolar” Kazu manteneva la stessa tensione, ma solo stando di fronte e instaurando un dialogo tra gli strumenti. La domanda è la seguente: come è cambiato questo dialogo nel corso della vostra carriera?

Per noi è stato importante cambiare. Fare le stesse cose e sentirsi nella stessa maniera è una cosa che non funziona, specialmente per Kazu che è molto onesta verso quello che fa e che sente. Certe volte è molto silenziosa sul palco, altre è più esplosiva. Ma al di là di questo si è trattato di un cambiamento voluto proprio perché alcune cose dopo un certo periodo non si sentono più nello stesso modo, ed è importante esserne coscienti e andare avanti. Sono aspetti che si sono evoluti in modo lento e naturale e in questo senso non ne abbiamo mai parlato e non vogliamo analizzare come ci comportavamo all’inizio e come ci comportiamo adesso. Invece di guardare questi aspetti preferiamo guardare in avanti e cercare di definire cosa vogliamo fare adesso e come ci vogliamo sentire, cosa vogliamo dalla musica. La spinta è quella della crescita, ci sono aspetti dell’infanzia che creano quel senso di nostalgia per ciò che è stato, ma allo stesso tempo non puoi continuare a cercare di riviverle perché non funziona e lo stesso per quanto mi riguarda accade con la musica.

Riguardo ai testi di Misery, mi sembra che l’approccio sia quello elegiaco, ma allo stesso tempo che inneschi una ricerca sul dolore, quindi per certi versi anti-elegiaco, che cosa ne pensi?

Si è trattato di un periodo molto particolare per l’incidente che Kazu ha avuto e di cui parlavamo. Molti dei testi da lei scritti per Misery sono basati su quello. Anche io ho avuto i miei incidenti e proprio per questo motivo ho scritto un brano come Falling Man. Tutto in un certo senso ha avuto a che fare con la nostra relazione in un momento abbastanza traumatico dove Kazu è stata male, per esempio Magic Mountain, ispirato al libro di Thomas Mann, l’ha scritta quando si è ammalata di broncopolmonite. In questo senso ci siamo trovati in una zona comune, ma è molto difficile descrivere questi aspetti.

Certamente. Mi veniva in mente, anche rispetto a questo, se durante l’evoluzione della vostra scrittura, l’importanza di Pier Paolo Pasolini fosse rimasta centrale per voi…

Assolutamente si. Tutt’ora mi faccio ispirare da lui, leggo spesso le sue poesie. Pasolini ma anche Gainsbourg, hanno questa attitudine verso le cose che è molto fresca, si trovano sempre aspetti nuovi nel loro modo di scrivere.

A proposito di Gainsbourg, pensavo al vostro approccio nei confronti del pop. Mai consolatorio, e se penso alla title track di Misery is a butterfly, mi viene in mente una versione più oscura di Bonnie & Clyde, come se fossero stati estrapolati alcuni aspetti per renderlo un esperimento più radicale. Che ne pensi?

Sicuramente ci sono influenze precise che provengono da Gainsbourg. Pensando anche al suo metodo, quando si riferiva a brani classici di Chopin per esempio, così da renderli assolutamente personali, penso a qualcosa di fortemente incoraggiante. Poter rubare delle idee, dei concetti e partire da quelli per creare una cosa completamente diversa e nostra. Sinceramente non avevo pensato a Bonnie & Clyde, la riascolterò sicuramente (ride)

Serge Gainsbourg, Bonnie & Clyde

…mi sembra molto bello quello che dici riguardo al rubare o prendere in prestito un’idea per trasformarla in qualcosa di diverso. In effetti i due brani non si somigliano affatto, anche se gli archi in particolare mi sembravano vicini in questa insistenza ossessiva e circolare. Mentre nel pezzo di Gainsbourg il tutto è al servizio di un’estetica pop circoscritta, nel vostro caso è molto più minimale. Ci sono altri autori che sono stati importanti per te oltre a Gainsbourg e Pasolini?

Nello stesso periodo leggevo molto Moravia. Da un punto di vista dell’ispirazione John Lennon per me è un riferimento importante, anche per il modo di porsi, ho letto molte sue interviste. Mi piacciono molto le poesie di Leonard Cohen. In generale sono alla ricerca di stimoli sempre nuovi.

Se tu dovessi stabilire una differenza tra Misery e Barragán quale sarebbe?

Barragán è stata un’esperienza molto diversa e anche molto strana. Abbiamo lavorato con Drew Brown, un produttore molto rigido e con idee precise. Ci fidavamo assolutamente di lui anche perché volevamo capire dove voleva arrivare. Forse anche un po’ troppo, io avrei voluto provare idee diverse, ma sono comunque contento di aver lasciato molte idee non espresse, c’è più spazio in questo senso rispetto a quello che avremmo potuto lasciare senza la sua presenza. Con Misery ho lavorato moltissimo sui pezzi, lo sentivo molto e sapevo che sarebbe stato un disco importante, avevo un’idea molto chiara sul suono e sui risultati mentre lo scrivevo. Mentre con Barragán siamo entrati in studio senza esser pronti come in quel caso. Avevamo delle idee ma senza avere una percezione precisa di tutto l’insieme. C’erano melodia e accordi, ma allo stesso tempo volevamo provare a sviluppare i brani in studio. Alcune cose sono andate bene, altre forse meno, ma sono contento dell’esperienza. Adesso sono pronto a trovare altre cose in una direzione diversa.

Blonde Redhead – The one i love, video ufficiale

Ai tempi di Misery quanto è stato importante il passaggio da Touch & Go a 4ad, in termini di libertà espressiva e creativa?

È stato certamente importante, ma tutti i passaggi che abbiamo vissuto lo sono stati. Siamo passati in modo molto naturale dall’etichetta di Steve Shelley alla Touch & Go. La stessa cosa con la 4AD. Alcune cose le abbiamo considerate in seguito. Se il disco va bene hai una prospettiva di un certo tipo. Se invece suscita più angoscia nel tuo pubblico ed è più controverso, come per esempio “Penny Sparkle”, allora vedi tutto da un’angolatura diversa. In ogni caso per noi è sempre stato parte di un processo molto tranquillo e necessario.

Per quanto riguarda l’artwork di Misery avevate scelto una fotografia tratta dalla collezione di polaroid erotiche dell’architetto Carlo Mollino, come mai? (n.d.a. su Carlo Mollino e la sua collezione abbiamo parlato con Yuri Ancarani in questa lunga intervista dedicata anche a Seance, il film dedicato all’arte dell’architetto torinese)

Era un periodo nel quale un nostro amico aveva allestito una mostra delle polaroid di Mollino a New York, avevamo comprato il catalogo e consultato le sue polaroid, cercando di capirne la storia. Siamo andati anche a visitare la casa museo di Mollino che si trova a Torino. Abbiamo allora deciso di chiedere il permesso a Fulvio e Napoleone Ferrari, che gestiscono il patrimonio museale, sono stati gentilissimi e non ci hanno fatto pagare niente. Era un periodo in cui oltre a Gainsbourg eravamo molto ispirati dal lavoro di Mollino, ma anche dalle fotografie di Hans Bellmer che faceva queste bambole molto particolari che sono state una fonte di ispirazione per un brano come “Doll is mine”.

La foto di Mollino mi sembra che si adatti perfettamente allo spirito dell’album, erotico e distante allo stesso tempo…

Si, assolutamente.

Sempre a proposito di erotismo ho visto il video “non ufficiale” di Dripping realizzato recentemente da Eric Warheim, vi è piaciuto?

(ride) Si! A me è piaciuto.

….e che reazione avete avuto, è stata una sorpresa oppure vi siete sentiti prima che Warheim lo realizzasse?

Ci siamo sentiti prima che lo realizzasse, ci ha mandato una mail con i disegni di Namio Harukawa dove si vedono queste donne che praticano facesitting su alcuni uomini. Ha cercato lui i finanziamenti, Youtube lo ha supportato a realizzare il tutto. È un fan dei Blonde Redhead e quindi gli abbiamo dato massima libertà. Mi piacerebbe conoscerlo. Sono rimasto certamente molto sorpreso dal risultato, ma sono contento che sia successo perché è una cosa non sarei mai riuscito a fare e non avrei mai voluto fare. A tutti i miei amici è piaciuto molto e onestamente non abbiamo mai avuto una reazione di quel tipo per i nostri video.

Blonde Redhead, Dripping – il video (non) ufficiale diretto da Eric Warheim

Progetti per il futuro. Dopo il tour di Misery cosa farete?

Il tour sarà portato anche negli Stati Uniti tra settembre e ottobre, mentre ad agosto scriveremo sicuramente materiale nuovo. Kazu sta cercando di scrivere dei pezzi per un suo progetto. È un periodo in cui vorremmo scrivere, ci sono tantissime cose che stanno succedendo. Ci sono già due pezzi pronti uno dei quali è già ultimato e masterizzato, vediamo se riusciamo a farlo uscire per aver qualcosa di nuovo da fare ascoltare, speriamo di riuscire a fare un disco presto. Mi piacerebbe farlo in modo molto naturale, dove possiamo essere tranquilli in una casa con un ingegnere che ci aiuta e quindi sentirci molto liberi. Gran parte dei pezzi già ci sono quindi credo che il tutto possa uscire in modo molto naturale. Il problema è che quando cominciamo a lavorare, ci fissiamo su alcune cose e stiamo giorni e settimane a provare un’idea. Non abbiamo veramente imparato come scrivere o come catturare alcune cose, metterle giù rendendole nostre subito inconsciamente. Mi piacerebbe fare qualcosa del genere, ma considerate le nostre personalità so già che potremmo provare alcune cose per lungo tempo senza approdare ad un risultato.

…come dire che per voi è importante la prassi del provare rispetto alla scrittura in termini astratti….

Si, esattamente.

C’è quindi un alto livello di improvvisazione nella vostra scrittura, da cui poi estrapolare la forma dei brani?

Non proprio. In genere sono io che vado da Kazu per provare alcune melodie. Quando Kazu comincia a suonare lo fa in modo molto inconscio facendo anche degli errori, e sono proprio quelli che spesso teniamo come parte costitutiva dei pezzi. Simone invece è più pratico, come un falegname incastra, costruisce. Spesso arriva qualcosa di nuovo proprio da alcuni errori come ti dicevo, però non ci mettiamo li a fare Jammin’ per ore e ore, non siamo i tipi anche se forse sarebbe bello provarci, ma ci vorrebbe un po’ di marijuana (ridiamo)

…hai detto una cosa molto interessante. Quella che riguarda l’ottimizzazione degli errori, ovvero estrarre dall’errore un’idea creativa che vi piace molto. Questo succede molto spesso?

Si accade spesso. Io adesso registro sul telefono, perché è la cosa più semplice, ma in ogni caso cominciamo subito a registrare, perché se Kazu comincia a cantare fa delle cose che magari non farà mai più, ed è la stessa cosa con me. Si prende la chitarra in mano, si inizia a suonare, si cerca di trovare quella nota giusta, nel frattempo si fanno altre cose molto naturali e di ricerca che diventano parte del pezzo. Da questo punto di vista sono molto contento quando facciamo degli errori.

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Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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