Rino Stefano Tagliafierro incontra i Bowland. E viceversa. Il regista piacentino è tra i creativi più interessanti del nostro paese e tra quelli che riescono ad affrontare il contesto video in modo assolutamente proteiforme. Dovendoci limitare in questo contesto al solo showreel videomusicale, legato a nomi come Anil Sebastian, Optogram, About Wayne, Stumbleine, M+A, nella varietà di scelte estetiche, dalla digital art all’animazione, emerge una grande capacità di creare mondi di convergenza che accolgono molti stimoli e che successivamente informano i numerosi campi di applicazione dove Rino si muove, dall’advertising alle video installazioni, tenendo coerentemente al centro uno sguardo che molto deve alle arti visuali, dalla pittura alla fotografia.
Per “Am i dreaming“, il nuovo singolo dei BowLand, l’ottima band iraniana trapiantata in Toscana che ha meritato un notevole successo durante l’edizione 2018 di X-Factor, Tagliafierro interpreta il senso di un brano scritto durante il lockdown per evocare in modo simbolico la condizione di dormiveglia che tutti ci siamo trovati a vivere. Senso sospeso che nelle immagini viene spazializzato dai luoghi e dalle stanze selezionate all’interno del grande complesso del Castello di San Pietro in Cerro, in mezzo ad alcune delle numerose opere d’arte che caratterizzano il percorso trasversale della collezione, dal ‘400 in poi.
Sceglie quindi una via che traccia un ponte immaginario tra la raffigurazione di un mondo elementale, legato a numerose tradizioni animistiche, passando per quella pittura, che dal cinquecento in poi, indaga la relazione tra uomo e natura, fino alla dimensione antropomorfa che innerva la riflessione post-umana del surrealismo.
Da un certo punto di vista, ci sembra che propenda più dalla parte di quest’ultima influenza, con il proliferare di creature mostruose, gli occhi che infestano una di queste e tutto il lavoro fotografico di Alessio Balza, combinato con le bellissime maschere di Samaneh Vahabi e l’art direction coordinato dallo stesso Tagliafierro; l’atmosfera ricreata da questa crew davvero miracolosa, costruisce un gotico contemporaneo ben radicato in quelle suggestioni che André Breton andava a scovare nella letteratura del XIX secolo.
In questo sogno ad occhi spalancati, la natura gioca un ruolo fondamentale. Lasciata libera di proliferare, infesta il corpo umano, lo attraversa costringendolo ad una mutazione traumatica e allo stesso tempo, conducendolo verso una fusione più profonda con la forza degli elementi, mai del tutto buona o del tutto cattiva.
In questo senso, la fusione con la musica del combo iraniano è perfetta, perché con il consueto e riuscitissimo innesto tra i codici del trip-hop occidentale e le sonorità della cultura persiana, porta avanti quello che Soapkills e Yasmine Hamdan hanno fatto in una direzione molto simile, aprendo nuove strade alla combinazione di soul ed elettronica che in altri casi si è fermata a Bristol.
Oltre la dimensione simbolica, quello che accade nell’architettura del video, succede anche nel corpo della loro musica.