Cressa Beer gioca con i mostri. Lo statement che presenta i lavori della videomaker e creativa statunitense è già una dichiarazione di intenti. L’interesse è verso la dimensione creaturale e manuale dello stop-motion. Per quanto i video prodotti e diretti dalla Beer non siano solamente legati al mondo dell’animazione, questa progressivamente contamina la messa in scena tradizionale e dialoga con il mondo infinitesimamente miniaturizzato della puppet animation.
Basta guardare un video come “Blood” realizzato per Sidewalks and Skeleton, parto mostruoso che strizza l’occhio al body horror, per situarsi immediatamente dalle parti del gioco infantile, incubi inclusi.
La Beer, nel suo showreel pubblico separa nettamente i lavori stop motion dal videomaking “tradizionale” e questa dicotomia, reale in termini di scelte produttive, si è progressivamente assottigliata per confondere spazi e dimensioni creative.
In questo senso il suo video più completo è proprio l’ultimo realizzato per la collaborazione tra Chelsea Wolfe ed Emma Ruth Rundle con il singolo di “Anhedonia“, pubblicato su Sargent House.
Da una parte la Beer dimostra di conoscere bene l’universo iconico della Wolfe e mette al centro un vecchio televisore a tubo catodico in versione combo, con VCR incorporato. Gli schermi, il rumore bianco in assenza di segnale, le interferenze eteree, le sovrapposizioni di segnale, hanno attraversato molti degli aspetti visivi legati alla carriera di Chelsea Wolfe, dai video musicali fino agli artwork. In questo senso l’atmosfera in cui ci cala è del tutto famigliare per chi ha seguito la sacerdotessa californiana con attenzione.
Partendo da un termine medico noto tra gli psicologi relativo alla mancanza di interesse verso qualsiasi forma di piacere, le liriche descrivono uno stato di isolamento totale dal mondo relazionale, dove l’unica fortezza per preservare la propria identità è l’Anedonia stessa, un vivere sul bordo che diventa spazio sacro. In termini diversi ne avevamo parlato attraverso il bel film della Brasiliana Moara Passoni sull’Estasi del corpo anoressico. La Wolfe e la Rundle parlano di un’eccedenza simile, quel rimosso scandaloso che ferisce l’occhio e arriva a scavare, oltre le ossa, l’intangibile.
Ecco che nel video della Beer le due interpreti sono congelate nello spazio lontano di una registrazione VHS, tra slacci dell’immagine e principi di smagnetizzazione.
Troppo spesso chi scrive di Videomusica (e ce ne sono diversi che lo fanno malissimo) si ferma alla decodifica tecnica e non legge la trasparenza di certi segni. Con il video della Beer è impossibile evitarli, per il dialogo che instaura tra la distanza e la collocazione mnestica delle immagini analogiche e la qualità tattile del suo lavoro.
Allo stop-motion affida l’espressione di un concetto e la mutazione creaturale, da bruco a farfalla, insistendo sulle tracce materiali dei polpastrelli come se fossero tramature da opporre al deperimento del mondo analogico.
Alla fine, la splendida farfalla bianca che ha tutta la forza e la tenerezza dell’artigianato, viene inglobata e “smagnetizzata” dall’avanzare del supporto.
Tra i numerosi video che hanno cercato di raccontare quello che stiamo vivendo, spesso in modo triviale, diretto e im-mediato, questo di Cressa Beer ci sembra uno dei più forti; un grido disperato contro la violenza fuori e dentro la cornice.