domenica, Dicembre 22, 2024

Confection: l’infelice ritorno alle origini di Sébastien Tellier

Scordatevi il Sébastien Tellier e i suoi sosia del video Divine, l’electro-pop da classifica e da Eurofestival, qualsiasi collegamento con la scena electro-vague francese. Da pupillo degli Air questo omone di quasi quarant’anni si è riproposto in una nuova veste (metaforica, dato che l’aspetto fisico rimane lo stesso, un misto tra un santone hippy e Frengo di Antonio Albanese), quella di autore e cantautore, una reincarnazione di se stesso, un ritorno alle origini de La Ritournelle, del debutto L’incroyable Verité, dell’assenza di batteria. E pensare che negli ultimi live, anche risalenti a quest’estate, l’elettronica prevaleva in dosi massicce (si veda il concerto completo La Voix du Rock).

Confection è un completo cambio di rotta, un ritorno alle origini, come se Tellier avesse avuto agli esordi due strade da poter percorrere, e rendendosi conto che quella dell’elettronica lo ha portato in ultima istanza in un vicolo cieco, avesse preso la prima strada, quella acustica, e l’avesse percorsa per un bel tratto. Le composizioni brevi di questo disco (molte superano di poco i due minuti, e spesso sono variazioni sul tema) non lasciano spazio nemmeno al funk e al soul frizzante presente in My God is Blue, precedente opera, definita da molti lo zenit della sua carriera artistica. In acustico, dicevamo, si dipana questo disco, monumentale (la citazione di uno degli ultimi brani dei Baustelle non è casuale, ci ritorneremo), magniloquente, malinconico, autunnale come il periodo verso cui si affaccia. Adieu è, come da sempre gli apripista degli album di Tellier, la chiave di volta per capire l’album intero, dal quale si distacca di poco solo il singolo L’amour naissant. In un atmosfera grigia come i Noir Desir, scorre una batteria incedente su organi e violini lacrimosi, da nouvelle vague. E così Adieu mes amours, ideale proseguimento della traccia d’apertura, che farebbe rattristare perfino Jules e Jim (probabile ispirazione, dato che si parla di delta amoroso, ossia di un triangolo). Waltz è l’unico intervallo elettronico in tre quarti, ma basta poco per sprofondare nei fumosi café di Montmatre e nella decadenza della civiltà moderna: Delta romantica, Curiosa, Coco et le labyrinthe descrivono giochi amorosi dipanati in una sceneggiatura ancora da redarre. Le delta des amours conclude le danze, tra piano, chitarra acustica e sezione d’archi.

Un episodio così esplicitamente cinematografico, ispirato dalle sue terre natali e dalla cultura del suo mondo, non era prevedibile. Capisco la necessità di evadere da quella forma canzone che in più di dieci anni ha portato Tellier ad essere una superstar in patria e un artista apprezzato all’estero. Capisco meno la necessità di fare uscire un disco come questo, un’evasione dai canoni per sprofondare in un terreno all’epoca fertile (ai tempi degli esordi, e di questo a Tellier ne va dato atto) e adesso molto più sterile. Unire la passione per il cinema con la possibilità di fare un disco pressoché strumentale e fuori dai canoni della forma canzone è un percorso trito e ritrito, che al di qua delle Alpi sta avendo un notevole successo (Calibro 35, gli stessi Baustelle, Sacri Cuori, tanto per spaziare nei generi e nelle situazioni). Come già detto proprio per il caso dei Calibro 35, gli ascoltatori si sono abituati ad ascoltare musica proveniente dai film, e quindi anche la funzione pedagogica se ne è andata da tempo. Insomma, Sébastien: potevi pensarci prima. Adesso sei come l’Olivetti: un precursore dei tempi che, nel ritornare sulle sue tracce, ha perso punti nei confronti della concorrenza. 

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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