Che a dirigere i propri video siano gli stessi musicisti è ormai diventata una felice consuetudine.
Più vicini alla propria semantica e all’anima del progetto, evitano committenze non sempre permeabili e prolungano il discorso musicale sul piano visuale.
Talvolta la ciambella esce fuori con il buco nel posto sbagliato, ma da queste parti abbiamo sempre accolto con attenzione e curiosità tentativi di questo tipo, soprattutto in ambito sperimentale.
Pietro Puccio e Simone Pirovano in particolare, con il loro progetto “Corteccia“, non potrebbero rinunciare alla componente visuale, parte di una ricerca timbrica, che esonda da sempre nella produzione di video dalla qualità tattile. Questo accadeva quando il duo collaborava con Larissa Saldarini per la clip di Su una rivoluzione, ed è proseguito con il disegno animato di Oasi realizzato dallo stesso Puccio, di cui Solidi può essere considerata una variante vitalmente primitivista, il tutto culminato nel live streaming del 7 maggio 2020, dove in pieno lockdown i nostri utilizzavano lo split dei software per video conferenze con grande creatività performativa, mettendo insieme visual, musica e disegno.
Del resto l’attività di Puccio è questa: insegnante di disegno e illustrazione presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, allevato a Jazz e musica classica, fino alle performance di live drawings in contesti teatrali.
Puccio e Pirovano, coadiuvati da Sebastiano De Gennaro alle percussioni, Lorenzo Caperchi ad editing e riverberi e Simone Zeemo Beretta al sampling di vinili “rotti”, producono “Vorrei“, secondo estratto da “Quadrilogia delle distanze”, EP che sarà pubblicato nel 2022.
Traccia concepita durante il primo lockdown, esprime quell’urgenza di ritrovare spazi aperti che tutti abbiamo sperimentato.
Si tratta di un’esperienza sensoriale in termini di contenuto, ma anche nella forma visuale che veicola il brano. Le mani al lavoro sulla creta rossa diventano il centro di quel ciclo energetico che dalla creazione passa alla distruzione, secondo principi dinamici che il video decostruisce con un’impostazione di tipo metadiscorsivo.
Il soul eccentrico e fratto del brano ingaggia un serrato dialogo ritmico con le immagini, seguendo un percorso che nella videomusica spesso viene dimenticato, ovvero quello delle immagini che “suonano” letteralmente il brano, superando quindi la simmetria di certe sinestesie alla ricerca di analogie prevalentemente scopiche e irrimediabilmente binarie.
“Vorrei” al contrario ha una vitalità aptica davvero sorprendente, prima di tutto per la relazione erotica che il gesto stabilisce nel contatto con la materia, in secondo luogo per le modalità del montaggio, sottoposto a impercettibili vibrazioni interne all’immagine stessa, quasi a ricercare una dimensione totalizzante nell’immagine e non tra le immagini.
Il lavoro sulla creta si avvicina a quello dello scratching su vinile, genera un suono visuale potente quanto i pattern creati dal duo.
Tra le cose più belle ascoltate e viste nel panorama asfittico e agonizzante della musica italiana.