mercoledì, Dicembre 18, 2024

Cranchi – Non canto per cantare: la recensione

Non canto per cantare è il terzo lavoro in studio dei Cranchi e arriva a distanza di due anni dal precedente, Volevamo uccidere il re.
Composto da dieci tracce e disponibile anche in formato vinile, il disco ha un’immagine di copertina molto significativa: l’opera Sogno cileno di David Merighi, pianista di questo collettivo e dei Fragil Vida.

Non soltanto la copertina ma l’intero album, a cominciare dal titolo, trova forte ispirazione nella vita del cantautore popolare e poeta cileno Victor Jara, che in quanto militante del partito di Pablo Neruda e sostenitore del presidente Salvador Allende cadde vittima della repressione messa in atto dal generale Pinochet. Accompagnata dalle note del banjo, 11 settembre ’73 racconta di come durante il golpe i militari condussero il cantautore nel campo di concentramento dell’Estadio Nacional de Chile, gli spezzarono le dita e infine lo assassinarono, poco dopo la tragica fine di Allende.

Un altro omaggio a una vita da ricordare è Eroe borghese, che riprende il titolo del romanzo di Corrado Stajano sulla storia dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, assassinato dalla mafia a causa alle indagini che stava conducendo in qualità di liquidatore della banca di Michele Sindona. Eroe borghese è un chiaro esempio dell’emarginazione della canzone popolare nel panorama musicale italiano odierno, dove non diamo alle nostre radici la metà del valore che attribuiamo alle radici altrui.

California 1849 è la storia di un sogno americano infranto nel deserto. Il racconto di un forty-niner del Gold Rush che non giunge mai a destinazione, maledicendo la sua disperata corsa all’oro nell’arida Death Valley. Chitarra elettrica, rullante, piano e violino e un testo pieno di riferimenti che mette in luce il talento compositivo di Massimiliano Cranchi e Marco Degli Esposti. È quest’ultimo ad aprire, sulle note di chitarra a 12 corde, L’Isola Infelice – un brano d’amore che ricorda il primo lavoro dei Cranchi, Caramelle Cinesi. Il basso e il tremolo della chitarra elettrica aprono e accompagnano invece l’ultimo pezzo del disco, Giulia.

In termini sanremesi molto ottimisti si può dire che queste canzoni sono da “premio della critica”. Se arrivassero a tanto, smuoverebbero il fegato anche ai figli delle “cariatidi democristiane con la testa sotto terra” (Eroe borghese). Ad ogni modo, Sanremo è finito e Massimiliano Cranchi – che, per parafrasare il grande Troisi, si sarebbe potuto chiamare Ugo e scalare le classifiche – non canta per cantare.

Ascolta Cranchi – Non canto per cantare

Flora Strocchia
Flora Strocchia
Flora scrive, è traduttrice, ascolta molta musica e non si perde un concerto.

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