domenica, Novembre 24, 2024

Cristina Donà – Così vicini: la recensione

Quanto è brava Cristina Donà che dopo tre anni di attesa dall’ultimo album torna sulle scene musicali con il nuovo lavoro uscito a settembre. Brava perché si muove con la consueta sobria raffinatezza, la disinvoltura di chi non ha bisogno di competere per farsi notare e nonostante ciò canalizza ogni attenzione.

Con Torno a Casa a Piedi la Donà si era accostata ad un nuovo stile musicale, aveva azzardato nei testi rendendo le liriche più taglienti, si era avvitata in passaggi sonori sbocciando ora in complicati duetti orchestrali, ora in un pop ammaliante e cristallino fino ai rimandi elettrici del rock anni ’90. Alla luce di Così Vicini, si può dire che Torno a Casa Piedi abbia funzionato da ponte per l’ultimo album, preparando al meglio lo slancio della cantautrice rhodense verso il settimo album in studio in circa vent’anni di carriera. Le dieci canzoni che compongono l’album accolgono una Cristina che sembra essere completamente pacificata col mondo, meno angustiata rispetto certi passaggi di Piccola Faccia o Universo, ugualmente energica e incantevole paroliera, libera infine da gabbie e sovrastrutture. Non stupisce quindi che per Così Vicini la Donà abbia preferito tornare a produrre per un’etichetta indipendente prendendo commiato dall’importate targa della EMI/Universal che aveva patrocinato Torno a Casa Piedi.

L’idea che nell’album predomini un senso di atmosfera casalinga e un fiorire di ricordi visti e rivisti fino a spurgarli da ogni riflesso doloroso e triste, fa da filo conduttore per tutte le dieci tracce. Dal volto tratteggiato nella memoria in Così Vicini agli arrivederci de Il Senso delle Cose, i pezzi dell’album man mano si compongono. Ed è sempre Cristina a tenere le redini dell’andare, a dare forma organica e direzione ad un album intimo e saggio. Ottima padrona di casa, la Donà ci introduce dentro gli esperimenti vocali de Il Tuo Nome creando atmosfere cavernose al limite del mistico, detta il ritmo folk-cittadino in Corri da me fino a farci accomodare accanto ad una radio presi dall’ascolto della musica leggera in stile Mina con L’infinito nella testa.
Così Vicini insegna a riprendere a respirare dopo lunghi periodi di apnea a distendere le membra e imparare, nuovamente, a compiere quei gesti semplici e indispensabili con la statuaria fermezza di chi, finalmente, ha raggiunto il punto di equilibrio.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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