“Quando ho iniziato ad andare in discoteca a New York all’inizio degli anni ’70, c’era un entusiasmo molto potente e la scena seguiva un corso naturale. Tutto questo è stato adesso sostituito da un’insidiosa e cupa determinazione nell’essere alla moda, come se si trattasse di una vera e propria vocazione. C’è una sorta di strana aura al riguardo” (David Bowie, promo disc)
Il video di Fashion, la traccia che chiude il lato A di Scary Monsters, viene girato per David Bowie da David Mallet all’Hurrah, il locale di proprietà di Robert Boykin, attivo dal 1976 e ubicato al 36 West della 62nd Street. Fu la prima discoteca Newyorchese ad ospitare live punk, band new wave, performance legate alla musica industriale e a lanciare una serie di DJ allora innovativi, come Bill Bahlman, Sara Salir e Charlie Brown. Il locale aveva già sperimentato una relazione endogena con i video, innestando teleschermi e favorendo lo scambio tra palco e immagini registrate, prima che il consumo di MTV diventasse normativo.
Tutte le sequenze che mostrano David Bowie insieme alla sua band, furono girate sul palco dell’Hurrah e sul dancefloor circostante. Il palco, circondato da tende e drappeggi color kaki, sostituiva quello di “ordinanza”, rigorosamente nero. Merrill Aldighieri, straordinaria operatrice video, VJ e archivio vivente del locale, descrive con minuzia alcune inquadrature della clip, distinguendo le sequenze girate in studio e i footage prodotti all’Hurrah.
In particolare, alcune coreografie evidenziano sullo sfondo la presenza dello specchio sfaccettato che prolungava in modo illusorio lo spazio del locale, “come se fosse una lanterna magica“. La Aldighieri non collabora alle riprese per impegni paralleli, ma conosce il lavoro di Mallet con cui lavorerà, per esempio, allo sviluppo del laser disc di “Eat to the Beat” per i Blondie.
Girato in beta-cam, Fashion, come Ashes To Ashes, sembra riproporre su un piano diverso, la rilettura del passato Bowiano, intrecciato con l’evoluzione della cultura post-punk e new wave del periodo.
La scelta di un luogo iconico giunto alla fine della propria parabola, la danza che ricombina una gestualità ricercata negli ultimi anni, incluso il movimento discensionale che traccia una linea fino al terreno, gesto che Bowie si porta dietro sin dalla clip di “let me sleep beside you” girata nel 1969 e che in qualche modo dissimula gli interessi cabalistici del nostro.
In particolare lo ripete in modo esplicativo distinguendo l’alto dal basso in coincidenza con il verso “They do it over there but we don’t do it here“, dove la separazione tra divinità e materia assume un valore quasi politico. Politico è anche l’incedere marziale, la pronuncia secca di “Fashion” quasi fosse “Fascism”, “people from bad homes” e “people from good homes” contrapposti tra un manipolo di homeless che sembrano provenire dalla commedia dell’arte o dalla comunità new romantic che popola il video di Ashes to Asher e l’upper class rappresentata dalla cornice pubblicitaria.
La nuova danza, tra movimenti automatici e la linea mimata da Kether a Malkuth, sembra animare una turba di zombie. Non è così esplicito come l’assalto romeriano di Under The God, dove “Lo scoppio d’ira fascista è l’ultima moda” e il pit di un concerto si è trasformato in un campo di battaglia, perché il segno può essere ancora indirizzato ad un passato recente che per l’ultima volta prende tutte le energie dall’estetica del rock’n’roll e le scaglia con un grido lacerante, lo stesso di “it’s no game”, prima di farle a pezzi definitivamente in quella che sarà un’infinita replica del decrepito cabaret Brechtiano, dal 1980 sino ad oggi.
Il riferimento a quel segmento del lungo EPK diretto da Julien Temple non è peregrino.
Sembra in effetti una revisione del video di Fashion, con la “goon squad” ormai arrivata in città e la violenza che abita interamente quel gesto designificato dal girare a vuoto della moda, da destra a sinistra.