Proprio come nel video di Lazarus, David Bowie si conferma ancora una volta abilissimo tessitore di fili che utilizza maestranze e collaborazioni per costruire il proprio mondo creativo e transmediale. Un Bowie autore anche di immagini, come si diceva da questa parte, regista assoluto. Sono abbastanza chiare a questo proposito le dichiarazioni di Johan Renck, già dietro l’obiettivo per il video di Blackstar: “si potrebbe solo sognare la collaborazione con una mente come questa […]. Intuitivo, ludico, misterioso e profondo…Non ho più il desiderio di realizzare alcun video sapendo che non sarà più così speciale e soddisfacente come in questa esperienza. Sostanzialmente ho toccato il sole“
Al netto dello spessore mitologico e iconico dell’artista e quindi di un timore reverenziale che manderebbe in corto-circuito chiunque, in questa vampirizzazione dell’autore nominale c’è una continuità combinatoria e allo stesso tempo “autoritaria-autoriale” che Bowie non ha mai smesso di esercitare, sostanzialmente riallocando e riposizionando i segni (assorbiti o generati ha poca importanza) ma anche le esche di un personale lessico letterario/biografico sottoposto a due processi opposti: accentramento e disseminazione.
È una continuità eretica con il proprio passato, reinventato come se fosse un continuo sabotaggio. Del resto le celebrities di The Stars are (out) Tonight non sono un’invenzione della Sigismondi se si considera che sui desideri di uno di loro Julien Temple aveva sviluppato tutta la long form di Jazzin’ for Blue Jean, storia molto più simmetrica e tassello di un’infinita serie di “scary monsters”, succubi che attentano alla propria immagine riflessa e la svuotano per riempirla di nuovo.
Ai Doppelgänger, ai vampiri, ai serial killer, al pierrot “turchese” di Ashes To Ashes che officia la cerimonia esequiale degli anni settanta, si sostituisce adesso la vecchiaia, accennata dalla crepuscolare Where are we now? e assolutamente in primo piano nelle versioni clownesche che vedono Bowie giocare con il popeye Fleischeriano nel video di Blackstar e con un Caligari stanco e a sua volta controllato come un burattino in questa nuova clip girata in 4:3, formato televisivo ottantiano per eccellenza.
Ancora una volta, l’attenzione al gesto “puro” che Bowie ha acquisito dalle lezioni di Etienne Decroux, Jean-Louis Barrault e Marcel Marceau, filtrate dall’esperienza con Lindsay Kemp, ritornano con quel Moonwalk straordinario verso l’oscurità; una sovrapposizione grottesca a tragica tra le origini e la morte, non proprio una resurrezione della carne.
Lazarus: tracce