Le relazione tra etologia e robotica è più stretta di quanto si possa pensare e aiuta a comprendere l’interazione uomo-natura-macchina in modo più specifico.
Lo studio del movimento collettivo tra gruppi di insetti e animali, ha sollecitato la progettazione di algoritmi di controllo per i cosiddetti sciami di droni.
Quella che è la capacità di adattamento all’ambiente per stormi di uccelli o banchi di pesci, nel veloce trasferimento di informazioni tra simili durante movimenti complessi, diventa una sfida parallela nel campo delle scienze informatiche e robotiche per la progettazione di un’architettura decentralizzata che possa controllare il comportamento di un numero elevato di droni. Da una parte microdroni con capacità di elaborazione limitate, dall’altra l’architettura di uno sciame, capace di trascendere tutti gli ostacoli tecnici, in una relazione virtuosa tra capacità individuale e movimento collettivo, funzioni percettive del singolo dispositivo e controllo di una visione più ampia.
Sembra che i geniali AB/CD/CD, da sempre interessati ad una prospettiva “immersa” nella prassi di produzione e fruizione dell’immagine digitale, si siano riferiti a questa nuova frontiera della robotica, individuandone le possibilità applicative che tutti temono, quelle in ambito militare. Camille Dauteuille e Clément Dozier collocano Helena Olmedo Duynslaeger in mezzo ad un’area aperta, dove questa donna dalle capacità psichiche e performative fuori dal comune, riesce a controllare lo sciame come nella coreografia di una parata militare.
La mutazione che subisce è improvvisamente percettiva quindi legata alla formazione della propria identità.
Fino a che punto è possibile controllare lo sciame e soprattutto, come è stutturata la visione robotica quando si fonde con la nostra?
AB/CD/CD scardinano la relazione binaria tra oggetto e soggetto della visione, elaborando una vera e propria infestazione cognitiva, prima ai danni di Helena e del suo sguardo interiore/esteriore, poi contro il nostro, improvvisamente reso impossibile dalla proliferazione di occhi elettronici che mandano in cortocircuito l’immagine, in una sovrapposizione ipertrofica di glitch, impedendoci di vedere la realtà per come la conosciamo.