A poche ore dalla pubblicazione di “Bal“, il singolo di Derya Yıldırım & Grup Şimşek che anticipa Dost 2, il terzo album della band apolide turca previsto sull’etichetta svizzera Bongo Joe per il prossimo 11 novembre, facciamo un passo indietro e vi raccontiamo il percorso di questa straordinaria band.
Il brano conferma la capacità del combo nel fondere un vero e proprio metodo, come quello che ha delineato i confini dell’Anadolu pop tra gli anni sessanta e i settanta dello scorso secolo, con una sensibilità che rivela l’assoluta freschezza di quelle intuizioni. “Bal” prosegue l’avventura groovey del precedente capitolo e ci consegna un esempio di dancefloor anatolico davvero irresistibile.
Dopo il video, tutta la storia di Derya Yıldırım & Grup Şimşek
(La foto dell’articolo è di Mehdi Benkler / Analog photography )
Nonostante il crescente successo europeo, la band dell’interprete turca Derya Yıldırım è ancora un prezioso segreto dalle nostre parti. Artefici di un pop psichedelico capace di rilanciare in modo suggestivo e intelligente le sollecitazioni dell’esplosione musicale turca della seconda metà dei sessanta, seguono il metodo di musicisti e band seminali come Cem Karaca, Erkin Koray e i Moğollar nello stabilire un rapporto vivo e peculiare con la tradizione, rielaborata attraverso un dialogo costante tra oriente ed occidente. La scoperta di nuove dimensioni armoniche fa sicuramente parte di quel patrimonio storico, inabissato dalla storia di un regime che torna ad essere poco indulgente con il potenziale artistico. Apolidi, ma stanziati in Germania e con elementi che provengono dall’Inghilterra e nella prima formazione anche dall’Italia, Derya Yıldırım & Grup Şimşek intercettano e si riappropriano di quel revival che è esploso tra Stati Uniti e Inghilterra grazie all’interesse di alcuni Dj e al recupero di etichette specializzate che hanno setacciato il patrimonio irreperibile della discografia turca dagli anni sessanta agli anni ottanta.
Nel connubio tra strumenti tradizionali e la rielaborazione elettrica tipica dell’Anadolu pop, introducono una contagiosa attitudine alla ripetizione ossessiva e minimale, contaminata con un ampio ventaglio di influenze, dalle forme più funk a quelle più noise. Space age, folk, psych rock, incontrano le sonorità del Saz e di altri strumenti della tradizione, individuando un punctum famigliare e allo stesso tempo alieno, almeno per chi non ha frequentato le sonorità di certa musica popular turca.
Dopo un primo sette pollici, approdano alla svizzera Bongo Joe e tra il 2018 e il 2021 incidono un EP e due album, in attesa di pubblicare il terzo a settembre. Dost 1 è l’ultimo lavoro a tutt’oggi ed è un album splendido che alterna episodi strumentali dalle caratteristiche fortemente visionarie, a momenti pop più strutturati dove la tradizione lascia spazio ad una scrittura personale, sempre più lontana dagli elementi world e più ancorata ad un’ecologia sonora sospesa tra passato e futuro.
La Blogothèque li ha già ospitati per una performance tratta dal primo full lenght, che insieme ad altri live pubblicati in rete, tra cui il recente e bellissimo tenutosi al berlinese 1210, rivelano la presenza magnetica di Derya Yıldırım, già centrale nei tre videoclip ufficiali pubblicati da Bongo Joe per veicolare i singoli principali dei due album.
Un salto indietro di alcuni anni ci consente di recuperare il lavoro di Florent Buffin & Antonin Voyant, realizzato per il video di Nem Kaldı, primo EP della band, pubblicato originariamente su Catapulte Records. La title track è l’occasione per costruire un’elegia visiva sui luoghi della memoria, la nostalgia per la propria terra, il contatto con gli elementi della natura, dove Derya è il centro di questa scaturigine
Oy Oy Emine, diretto da Agnieszka Gasiorek and Marcin Dominiak, esalta l’incredibile bellezza solare di Derya e si lega al tono generale di Kar Yağar, il primo album inciso con il Grup Şimşek, più vicino alla tradizione. L’identità visiva è ancora quella dell’interprete di un patrimonio storico e del rapporto filiale con quelle radici.
Deniz Dalgasiz Olmaz anticiperà invece la pubblicazione di Dost 1, il secondo album della band. Il video è un gioco optical realizzato con tecniche d’animazione, un vero e proprio visualizer dove la band compare trattata e ridisegnata secondo coordinate estetiche che hanno ovviamente più di un riferimento con gli anni settanta. La spinta verso le sonorità della turkish psychedelia diventa più evidente anche in termini di progettualità visiva
L’ultima clip di Derya Yıldırım & Grup Şimşek a tutt’oggi, è relativa alla bellissima Haydar Haydar, brano che sintetizza al meglio il nuovo corso della band, summa perfetta della produzione precedente, alla luce di un pop dall’identità più forte. Ballad ipnotica di straordinaria bellezza e malinconia, come i colori del video, desunti da quelli del Karagöz, il teatro delle ombre di tradizione turca. Lo spettro colorimetrico sembra promanare dall’iride di Derya e allo stesso tempo dipingere la relazione tra interno ed esterno, radici e identità, visione ultrasensibile e realtà, con uno slittamento inedito rispetto all’insieme di codici e segni della Psichedelia occidentale.
Del resto, la traccia proviene dalla tradizione mistica del diciassettesimo secolo, un poema attribuito all’esperienza religiosa dell’Alevismo Curdo e che è stata interpretata da numerosi musicisti a partire dagli anni sessanta, tra cui Müslüm Gürses, Çetin Akdeniz e più recentemente dall’attore Timucin Esen per la colonna sonora del film Müslüm Baba, dedicato alla figura controversa di Gürses.
Sono tutte diverse e uniche, nella variegata trasmissione di una tradizione antica che sfrutta il veicolo orale, tanto che quella di Derya si avvicina forse all’improvvisata versione a cappella eseguita da Cem Karaka, in una delle sue ultime apparizioni live: rallentata e spettrale.
Haydar Haydar suona allora come una preghiera anti apologetica dolorosissima e libera, il cui valore politico è assolutamente pregnante, ora, come la musica di Derya Yıldırım & Grup Şimşek, declinata al futuro anteriore.