Non se la passa male Drake nei giorni della quarantena. Il suo è uno dei primi video mainstream nel contesto hip-hop, realizzato dall’inizio della crisi Covid-19. Girato dal suo fidato collaboratore, Theo Skudra, inquadra gli spazi vuoti di una casa tutt’altro che modesta, la cui estensione sembra quella di un sito museale.
Uno dei ritratti di Mao Tse Tung realizzati da Andy Wharol domina la prima stanza dove compare il performer. Casuale e flagrante allo stesso tempo, se pensiamo alla sovrapposizione ardita che l’artista americano operò negli anni settanta, tra propaganda politica, comunicazione di massa e il funzionamento dello star system come macchina del consenso.
Drake ci guida attraverso la sua personale galleria di inutilità lussuose, fino all’esplosione di un disegno pirotecnico a bordo piscina che festeggia la cattività privilegiata dell’animale sociale.
“Toosie Slide” è solo l’ultimo di una pletora di videoclip realizzati con forme diverse e spirito convergente dall’inizio dell’emergenza epidemiologica. Il Lockdown ha forzato la macchina promozionale più di una vera e propria riflessione sulle possibilità del linguaggio. Tant’è questi video nascono come urgenza di mantener salda, soprattutto entro i confini dello Stivale, la filiera dei promoter, nel dubbio che si possa vendere ancora qualche servizio. Paradossalmente, cedere a queste forme è già una resa. E in un momento come questo l’intensità del linguaggio sarebbe fondamentale, per rilanciare la creatività in direzioni prima impensabili.
L’impressione, del tutto negativa, è legata a questo ripiegamento sull’immagine dominante della distanza sociale. Dai live a casa propria, passando per le interfacce delle “conference call” utilizzate come split screen quasi “en directe”, fino alle storielline di coppie che vivono in quarantena e ai cartoon con Covid-19 in formato mostro che spaventa i bambini. Nessuno di questi individua un “punctum”, non ferisce, non sfonda quest’immagine pervasiva della sorveglianza e dell’animale in gabbia. Si tratta di un riflesso dell’immagine politica, ormai a distanza di sicurezza dal popolo non solo per questioni di contenimento.
Non si era mai visto un allineamento così massificato, forse per una comprensibile reazione riflessa. Non solo la “bassa difinizione”, ma anche le possibilità dell’infinitesimamente piccolo, esplorabile con buona parte dei dispositivi, consentirebbero di aprire altri mondi e spezzare il maleficio dell’immagine corrente, fosse anche la fuga nel found footage come ricerca di un ritmo tra le immagini e nelle immagini.