venerdì, Novembre 22, 2024

Edda – Stavolta come mi ammazzerai? – la recensione

È una sorta di album di famiglia, di diario intimo l’ultimo lavoro in studio di Edda. C’è proprio tutto quello che ci si aspetta da un diario: il difficile rapporto di amore-odio con i genitori (esemplari “Mater” e “Pater”), con i fratelli (“Ho già ucciso mio fratello, di me è molto più bello. Per finire devo dire ho anche una sorella. Claudia è morta poverina, oh no povera stella…”), e anche scorci di romanticismo triste o prettamente carnale (“Tu e le Rose”).

Allo stesso tempo è però una pagina di giornale, una pagina di cronaca nera, dove emergono malattia, disturbi alimentari, droga, violenza. Ogni testo è come uno schiaffo, reso ancora più forte dalla voce urlata di Rampoldi che anche nel 2014 riesce a portare una ventata di post-punk nel panorama italiano. Il filo conduttore di ogni traccia è lo sfogo, la volontà di strillare a pieni polmoni realtà difficili o problemi scomodi senza mezzi termini, con un linguaggio crudo e urticante, ma che invece di diventare il punto focale dell’ascolto, rafforza l’irruenza viscerale dei testi, che senza questa forza non sarebbero gli stessi. Alla fine, i brani hanno una funzione catartica  liberatoria, con la piena consapevolezza di non aver risolto nulla ma di avere almeno dato voce alla propria interiorità.

Ed è per questo che Edda ha abbandonato il suo lavoro sui ponteggi per dedicarsi toto core al perfezionamento di alcuni pezzi già abbozzati e che presentano dei notevoli miglioramenti rispetto ai due lavori solisti precedenti. Nonostante “ Semper Biot “ e “Odio i Vivi” fossero due ottimi punti di partenza, non si può non notare rispetto a questi una notevole maturazione dal punto di vista dei contenuti e della musica, mantenendo la stessa urgenza vocale di sempre. Il testo, che come si diceva è il centro del nuovo lavoro di Edda, viene incorniciato dall’impatto della ritmica, un assalto che non scavalca mai: il sound è a tratti grezzo, quasi garage, sfondo perfetto a quelle grida che sembrano solipsistiche ma che in realtà sono frutto di una forte sensibilità artistica, ma sopratutto umana, che si rimette nuovamente in gioco per affrontare temi intimi e universali.

 

 

Roberta Frigeni
Roberta Frigeni
Roberta suona, scrive, fotografa, studia Lettere e ha una spiccata vena polemica. È fermamente convinta che il rock non sia (ancora) morto.

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