Metti una sera in un locale di New York, la Knitting Factory, il giorno prima del San Valentino 1997, con Alex Chilton. Metti che proprio quella sera ci sia un blackout e che Alex decida di fare un live improvvisato solo con la sua chitarra acustica e in qualche brano la batteria suonata da Richard Dworkin, in cui lasciarsi andare e suonare una manciata di cover, le più disparate, divertenti e coinvolgenti tra quelle che gli vengono in mente.
Il risultato è su Electricity By Candlelight NYC 2/13/97, bootleg che vede la luce a sedici anni di distanza dalla sua registrazione grazie a Jeff Vargon, il fan che registrò il concerto, e alla Bar/None Records. La registrazione, fatta con un semplice registratore Walkman della Sony con un microfono, non è di alta qualità, ma abbastanza per far capire la grandezza di Alex come performer (per quella come autore basta ascoltare #1 Record dei Big Star e gran parte di quanto fatto prima con i Box Tops e poi come solista). Chilton riesce infatti a tenere incollato alle sedie del locale il suo pubblico con la sola forza della sua voce e della sua chitarra, capendo quando indugiare su brani più divertenti e in grado di coinvolgere gli ascoltatori (esilarante la versione di D-I-V-O-R-C-E di Tammy Wynette in questo senso) e quando invece lasciarsi andare e puntare semplicemente sulla musica degli autori che più gli piacevano, in particolare i Beach Boys, omaggiati con ben tre canzoni verso la chiusura di set, le immortali Wouldn’t It Be Nice e Surfer Girl e la semi-sconosciuta Solar System. Il disco è anche un modo per capire la versatilità delle influenze di Alex, che spaziavano dal jazz (My Baby Just Cares For Me di Nina Simone o Girl From Ipanema) al country (I Walk The Line di Johnny Cash) passando appunto per il pop anni 60 (i già citati Beach Boys), il folk (If I Had A Hammer di Pete Seeger) e il rock’n’roll primigenio (una bellissima e blueseggiante Raining In My Heart di Buddy Holly). Inoltre, come gentile cadeau, c’è in chiusura di cd un inedito in studio, un’altra cover country, You Can Beat Your Heart On Me di Johnny Lee, anch’essa molto bella e impreziosita da una slide piangente.
Solitamente questi dischi si etichettano come “per completisti”, ma lasciatemi dire che invece è per tutti, perché la musica di Alex Chilton e il suo amore per essa, in ogni sua forma, deve essere per tutti.