Insieme all’organico della grande orchestra, il Nuovo Coro lirico sinfonico Romano & il Coro C. Casini dell’università di Roma Tor Vergata, il Maestro Ennio Morricone colpisce forte il suo pubblico con l’epica aspra e contemporanea de “Gli Intoccabili”, mai come nella cornice lucchese appare evidente il contrasto vitale tra gli spazi ampi e dispersivi e la grande sinergia intima che di li a poco riuscirà a dominarli completamente. La location sotto gli SkyBox allestiti sulle mura storiche è al completo, un’immensa platea a perdita d’occhio, gremita da un pubblico attentissimo, che attraversa numerose stagioni della vita. Eterogeneità che si verifica sempre più di rado e che assegna a tutta l’opera del Maestro una posizione unica rispetto ad altri autori di musica per il cinema, confinati nel porto sicuro e “specialistico” degli appassionati.
Eppure questa qualità popolare non lascia indietro la sperimentazione, la ricerca timbrica, le arditissime poliritmie che hanno influenzato intere generazioni di musicisti, dalle decostruzioni Zorniane fino alle prime propaggini del post-rock soprattutto chicagoano, attraverso nomi come Pell Mell, Tortoise, Brokeback, Aerial M e altri che hanno saputo capitalizzare e riscrivere le intuizioni delle sue grandi colonne sonore.
“Ostinato ricercare per un’immagine” appunto. Non solo il brano dedicato alla moglie Maria, tratto da “L’ultimo gattopardo” ed eseguito anche nei concerti del 2011 oltre che in questa breve serie conclusiva, ma soprattutto la lotta incessante che la sua musica ci suggerisce tra astrazione e realtà, visione e immaginazione, concretezza matematica del ritmo e libertà espressiva della melodia.
Anche per chi lo ama da tempi non sospetti e fuori dalle dinamiche celebrative a rischio retorica, non mancano negli ultimi concerti gli elementi più estremi e contaminati della sua carriera, quelli che si riferiscono a opere aliene e di rottura, come “Matchless”, “Diabolik”, “Autostop Rosso Sangue”, perché questi si riaffacciano nelle nuove elaborazioni che propone della bellissima “Atame”, tratta dall’omonimo film di Pedro Almodovar e che sul palco lucchese si articola tra il dialogo dei due Flicorni simmetrici, affiancati al Maestro e suonati rispettivamente dal Maestro Nello Salza, tromba solista del Maestro Ennio Morricone e da Andrea Di Mario.
E sempre questo contrasto, tra due polarità che riescono a comunicare con un pubblico vastissimo, viene incarnato dalla presenza di Susanna Rigacci e quella di Dulce Pontes. Alla prima viene affidato il lirismo evocativo delle musiche scritte per Sergio Leone, fino alla convinta standing ovation che lega all’unisono più di ventimila persone dopo l’esecuzione de “L’estasi dell’oro”.
La seconda, protagonista di episodi maggiormente legati alle origini etniche del suo cantare, fino all’esplosione di “Abolição”, uno dei momenti più alti del concerto lucchese, con il contrappunto del coro ad alimentare un dialogo tra modi occidentali e incursioni latin capaci di incendiare la qualità ascensionale del brano.
Più che negli show allestiti per il 60/mo anniversario di carriera, tra la prima e la seconda parte si avverte la relazione tra la dimensione meditativa della musica Morriconiana e gli elementi poliritmici che animano la ricerca di molte delle sue colonne sonore.
Se il primo segmento è affidato allo spleen tragico de “La tenda Rossa” e ad alcuni frammenti da “Novecento”, la seconda parte procede veloce e serratissima tra evocazione del tragico e una dimensione tensiva e ostinata che è una delle caratteristiche più chirurgiche e allo stesso tempo emozionali della musica di Morricone.
Ecco che emerge allora la rilettura straordinaria della nostra tradizione popolare (“Sacco e Vanzetti”, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”) e l’ardita sperimentazione che raggiunge echi quasi “industrial” nel nuovo impatto orchestrale de “La classe operaia va in paradiso”, davvero un miracolo timbrico nell’esecuzione potentissima che abbiamo avuto il privilegio di ascoltare al Lucca Summer Festival.
Che la dinamica scelta dal maestro sia di tipo ascensionale, ma allo stesso tempo radicata ai suoni di tutte le terre è evidente nella sequenza della setlist fino al culmine di “così in cielo, così in terra”, il brano di Mission che conclude il concerto poco prima dei bis e che si salda in modo commovente con la dedica annunciata in apertura, alle 32 vittime della strage ferroviaria viareggina, di cui ieri ricorreva il tragico evento.
Lotta e ricerca di un’immagine d’amore sono in fondo le straordinarie qualità della musica di Morricone, che ci accompagneranno per tutta la vita.