Ennio Morricone è il più grande autore di musica per il cinema.
Il tour che il compositore romano sta portando in giro per il mondo ce lo dice ancora una volta sotto il profilo emotivo e quello della sintesi.
Nel continuo passaggio dai classici del passato ai brani più recenti, fino a quelli che fanno parte dei trenta minuti inediti scritti per “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino, si ha la sensazione che il tempo non sia mai passato e che le diverse intuizioni che hanno reso leggendarie molte delle colonne sonore composte dal Maestro, dialoghino perfettamente tra di loro, come segmenti di una nuova costruzione narrativa che si slega completamente dalle immagini dei film a cui quelle musiche si riferiscono, per evocarne uno completamente inedito e generato dalla risposta emozionale dell’ascoltatore.
Nel “film” di Ennio Morricone, il “montaggio” e la progressione della scaletta è una delle caratteristiche più potenti del «60 Year Of Music World Tour», perché non sollecita solamente la memoria, ma la spinge verso nuovi territori associativi che favoriscono una vera e propria esperienza drammaturgica interiore, dove si passa dalla gloria alla dolcezza, dal pianto alla forza, dalla tragedia dell’alienazione ad un’elevazione di qualità spirituale, nello spazio di un istante e senza soluzione di continuità.
Quando le musiche scritte da Morricone per i primi due film della “trilogia della nevrosi” diretta da Elio Petri, vengono separate da “Sostiene Pereira“, sembra che l’intarsio ritmico e timbrico di “indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” trasformi l’esperienza tragica in quella più crepuscolare della memoria, dove un’eco etnica lega indissolubilmente i due momenti, per poi tornare a raccontare l’alienazione del presente, con quel dialogo tra timpano e campioni della tastiera nell’incipit de “La classe operaia va in paradiso“, brano che dal vivo trova una nuova potenza orchestrale.
La grande orchestra diretta da Ennio Morricone trattiene e rilascia, è il caso della bellissima suite da “Nostromo” che culmina con il nuovo arrangiamento per “Tropical Variation“, uno dei momenti più alti dell’intero concerto. Rallentata e molto più minimale rispetto alla versione su disco, riduce all’essenziale le sonorità etniche, mentre a sostenere l’impianto c’è un irresistibile incedere ostinato. Questo, come in “Metti una sera a cena” lavora sul tempo dell’ascolto catturandoci in una vera e propria spirale ritmica. Su questa base l’orchestra cresce fino a raggiungere l’apice con l’inserimento della voce, una Susanna Rigacci in gran forma e rigorosamente vestita di rosso scarlatto.
La stessa magia si verifica nella relazione virtuosa tra le musiche scritte per “The Mission” e la straordinaria versione di “Abolisson“. Nel brano tratto dalla colonna sonora di Queimada, l’orchestra duella con il coro di 75 elementi. La parola “Abolisson” viene ripetuta e ricombinata attraverso le continue sovrapposizioni vocali, mentre la sezione ritmica incede, creando un ponte tra i caraibi e la musica liturgica occidentale, verso un sincretismo sonoro e spirituale che culmina in quella contemplazione estatica dei fenomeni naturali, rappesentata da brani come “The Falls” e l’elevazione mistica di “On Earth as it is in Heaven“, perfettamente dialettica e speculare rispetto ad “Abolisson” nell’impiego di coro e percussioni.
Il concerto del 2 marzo a Firenze ha richiamato un pubblico eterogeneo, tra i numerosi giovani e i giovanissimi, anche quella generazione che ha vissuto gli anni settanta del Maestro Morricone.
Nei grandi spazi di un Mandela Forum gremito, la sensazione che il tempo si fosse improvvisamente fermato, non solo per la forza di aggregazione transgenerazionale che questa musica riesce a creare, ma anche per il modo in cui è capace di parlare allo spirito e all’istinto in egual misura, nel continuo dibattersi di melodia e sperimentazione timbrica, ritmo e potenza narrativa.
Chi non riconoscesse i brani a memoria e non riuscisse quindi a collocarli a fianco del loro simulacro filmico, si troverebbe comunque davanti ad una grande narrazione, con una scrittura drammaturgica autonoma, in grado di instaurare un dialogo di natura intima con l’ascoltatore.
La narrazione musicale non appartiene in questo caso solo alla memoria collettiva e individuale, ma si rinnova ogni volta in un’esperienza unica e inedita, quasi fosse un DNA musicale “innato”, che riusciamo a percepire come nostro, per il modo in cui si rivela profondamente “morriconiano”.
Questo sentimento di familiarità e di novità nel contesto di un’esperienza è dimensione rarissima e forse accade solamente con la musica di Ennio Morricone.
I Prossimi Concerti italiani del Maestro Ennio Morricone
6 marzo 2018 MediolanumForun Milano
16 giugno 2018 Terme di Caracalla Roma
17 giugno 2018 Terme di Caracalla Roma
18 giugno 2018 Terme di Caracalla Roma