venerdì, Novembre 22, 2024

Etienne Jaumet – La Visite: la recensione

Etienne Jaumet, metà del progetto Zombie Zombie, torna dopo Night Music, uscita solista che mitigava solo in parte l’amore per l’elettronica analogica anni ’80 e il kraut teutonico con aperture più visionarie e morbide; l’elemento che spezzava la freddezza dei synth era rappresentato da un sax, tra Jazz ed elevator music, che alleggeriva il risultato e lasciava ben sperare per il futuro, sopratutto nell’ipotesi di abbandonare il riferimento più ingombrante nella musica di Jaumet, da solo o con il compare Cosmic Neman,  batterista degli Herman Dune, ovvero il santino dedicato a John Carpenter compositore.

Intendiamoci, l’amore per il maestro di Carthage anima una buona fetta della produzione francofona attuale in odor di nostalgia anche e sopratutto in ambito club culture, basta pensare alle continue incursioni di Kavinsky in questi territori, dove il collante è quasi sempre la tradizione french-disko e tutte quelle strategie che condividono entrambi i mondi sonori.

Alla vigilia del primo album pubblicato da Carpenter fuori dal contesto cinematografico, previsto per il prossimo febbraio 2015,  Jaumet esce con “La Visite” e non cambia sensibilmente i riferimenti della sua musica se non per un ampliamento della durata media dei brani, così da favorire le derive psichedeliche già introdotte in Night Music, qui elaborate attraverso un mood molto più plumbeo e oscuro, rispetto alla leggerezza del lavoro precedente.

Il groove carpenteriano occupa sempre una posizione rilevante, ma il tentativo de “La visite” è quello di giocare maggiormente sulla dilatazione di questi elementi, in una forma se si vuole più improvvisativa e  “anatomica”, un dettaglio non da poco, sopratutto per consentirci di valutare la musica di Jaumet fuori dal pregiudizio più comune che accompagna l’analisi dei suoi lavori, quello di un omaggio poco originale.

La scelta impro, al di là delle dichiarazioni di intenti dello stesso Jaumet, che a più riprese ha parlato di spontaneismo e di un approccio orientato a rompere lo schematismo tecnico dell’elettronica coeva, è in effetti testimoniata da una perdita progressiva del centro della composizione. I brani de “La visite” sono attraversati da uno stimolante disequilibrio, dove la cronometria motorik  che sembra tenere in piedi tutto quanto, si sfalda in una vera e propria visione tra Jazz e psichedelia, che dal groove procede verso il territorio minimal mai uguale a se stesso di un vero e proprio mantra.

Donatella Bonato
Donatella Bonato
Veneta, appassionata di tutti quei suoni che alterano la percezione, si è laureata in storia dell'arte nel 2010 e alterna la scrittura critico-musicale al lavoro per alcune fondazioni storiche.

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