La vita di Xavier Dphrepaulezz è di quelle i cui segni e le cicatrici raccontano la storia di un’anima indomita. Il blues delle radici, quello che ispira il cuore pulsante della sua nuova incarnazione come Fantastic Negrito, lo ascolta per la prima volta a otto anni, quando fa visita ai parenti nel sud della Virginia. La dieta musicale del padre è completamente diversa e le regole famigliari, in un contesto musulmano condiviso con 14 fratelli, sono strettissime. Forse è anche per questo motivo che l’impatto con la California del 1979, dove dal Massachusets si trasferisce con i genitori, avviene con modalità esplosive. La bay area, tra San Francisco e Oakland, è quella controllata dal traffico di stupefacenti delle gang, ma da una prospettiva artistica legata al metissage delle controculture musicali nascenti.
Il giovanissimo Xavier si nutre con il tritolo del thrash metal, con l’hip-hop, con l’evoluzione di certo punk fino all’Electric-Boogaloo. Poco più che adolescente, Xavier spaccia Crack e impugna una pistola. Dieci anni tra le posture universitarie a Berkeley e le attività criminali lo avvicinano alla “qualità” di un apprendistato brutale quasi sempre sul bordo.
Il propellente è un’incessante ansia di libertà che viene interrotta da una cesura fondamentale nel suo percorso umano e artistico. Nel 1993 viene messo sotto contratto da uno dei manager di Prince e incide per la Interscope “The X-Factor” semplicemente come Xavier. L’album si presenta come una versione addomesticata degli episodi soft-funk di Prince e non restituisce i risultati sperati. A liberarlo dal giogo contrattuale, la macchina di un ubriaco che fa cappottare la sua lungo quattro corsie. Tre settimane di coma e una vita professionale tutta da ricostruire che il nostro alterna con gli introiti del BINGO, un club illegale aperto nella casa-magazzino occupata a LA e una serie di progetti musicali nascosti dietro una serie di pseudonimi; quello più rilevante è il combo dei Blood Sugar X, un collettivo la cui ispirazione diretta parte dalla musica dei Bad Brains e dei Fishbone.
Fantastic Negrito vince il Grammy Award 2017 per il miglior album di blues contemporaneo
La nascita di un figlio lo spinge a trovare una dimensione più tranquilla, torna ad Oakland con la compagna di origini giapponesi e in una piccola tenuta dove produce cibo biologico, dedica una parte del terreno alla coltivazione della Cannabis a scopo terapeutico.
Dopo una lunga pausa dalla musica, Xavier riparte dalla strada, suonando quello che lo avvicina maggiormente alle sue radici, ma soprattutto fonda in città Blackball Universe, etichetta ormai con tredici anni di vita alle spalle, diventata nel tempo un collettivo con struttura cooperativa che accoglie artisti di varia provenienza e natura, che espone arte pittorica originale in città, licenzia musica, gestisce i diritti di quella di Xavier e diffonde videoclip legati al contesto artistico del roster.
Fantastic Negrito, Outside Lands 2015 teaser
Come Fantastic Negrito, imbocca finalmente una strada proficua con il video autoprodotto di Lost in a Crowd che gli consente di vincere il concorso di Tiny Desk legato ad NPR, per la quale incide un concerto intero. Il supporto per la campagna presidenziale di Bernie Sanders gli consente di suonare davanti a numerose persone e gli apre altre porte. La performance in un episodio di Empire, la serie della Fox dedicata al mondo dell’hip-hop e creata da Lee Daniels (Precious, The Butler) insieme a Danny Strong, il tema per la serie Amazon Studios “Hand of God” (An Honest Man) ed infine il Grammy vinto alla 59/ma cerimonia del 12 febbraio 2017 come miglior album di blues contemporaneo con “The Last days of Oakland“.
Honest Man – Fantastic Negrito (On the Streets of Oakland)
Fantastic Negrito sarà uno degli ospiti di punta del prestigioso Festival Delle Colline, che quest’anno compie 38 anni di vita, solo dieci meno di Xavier. Il concerto, organizzato dallo staff del festival insieme a Barley Arts promotion, è in programma per il prossimo 17 luglio alle ore 21:30 nella splendida cornice della Villa Medicea di Poggio a Caiano. I biglietti sono in vendita presso il circuito Boxol.
Lo abbiamo intervistato per conoscere da vicino le tappe fondamentali della sua carriera, umana ed artistica, e per parlarci dei nuovi orizzonti della sua musica. Solo una settimana fa è uscito un nuovo singolo intitolato “Push Back“, la cui grafica riprende in parte lo stile di “Hand of God“, ma anche quello della gloriosa tradizione blaxploitation
Fantastic Negrito – Push Back (Official Audio)
“The Last Day of Oakland” è a tutt’oggi il tuo ultimo album. Perché gli ultimi giorni, descrive una dimensione apocalittica in relazione a due diverse visioni di Oakland, una tradizionale e l’altra legata al futuro?
C’è sicuramente una vecchia e una nuova mentalità, ma non so se questo definisce in modo esclusivo e preciso la città di Oakland. C’è qualcosa di nuovo che sta accadendo in tutto il mondo e nelle maggiori città; come cittadino statunitense posso parlare soprattutto di questo contesto. Città come Washington D.C., New Orleans, San Francisco, Oakland stessa, stanno diventando completamente fuori portata per la gente comune. Gli stessi artisti sono “sfrattati” da questi contesti. Dal mio punto di vista, quello creativo, è interessante osservare tutto ciò, perché credo che i grandi movimenti artistici si manifestino quando gli stessi artisti sono in grado di affrontare la vita comunitaria di una città, quindi unirsi per creare una scena. La musica può manifestarsi ed esprimersi al meglio attraverso la storia, quando gli artisti sono in grado di esprimersi e di accedere liberamente alla vita di tutti i giorni.
Proprio nella title track canti “the seeds were planted long ago”. Quale seme, quello dell’amore, della musica…
Tutto quello che facciamo in un dato momento influenzerà il futuro, tutti quelli che c’erano prima di noi e hanno fatto qualcosa di importante, influenzano il nostro presente. In questo senso le città hanno un potere incredibile perché conservano straordinarie energie, pensa a New Orleans, a San Francisco, a Brooklyn e ovviamente alla stessa Oakland.
Qualcosa le ha rese straordinarie e principalmente si tratta di quello che hanno fatto gli artisti, tutte le persone creative. Quando delegittimi un’area e quindi rendi impossibile la vita in quel contesto, le città perdono le loro caratteristiche e la loro identità; resteranno come le conosciamo una volta che gli artisti saranno tutti scomparsi? Ed è totalmente folle che stia accadendo, perché la vita non è più sostenibile per le persone, per lo più costrette a fare tre lavori, una condizione normalissima ad Oakland e a San Francisco. Se c’è qualcuno che dovrebbe dire qualcosa a riguardo, questi sono proprio gli artisti. Abbiamo bisogno della loro voce, le persone hanno bisogno di noi proprio in questo momento
Fantastic Negrito, l’incontro con Bernie Sanders
E i tuoi primi giorni ad Oakland? Puoi raccontarci il tuo primo incontro con la città e quello con la musica?
La prima volta che sono arrivato in città avevo circa 12 anni e c’era un insieme di culture davvero molto ricco. I giorni della mia adolescenza sono stati segnati dal primo Hip hop e dal punk, ovvero tutto ciò che era contro il sistema e che riusciva ad aggregare i giovani. Boogaloo e Breakdance erano cose completamente nuove e c’era una forza incredibile nell’aria. Incredibile era anche la diversità. La bay area viene sempre descritta come la più grande tribù del mondo, persone che provengono da qualsiasi luogo e che si mettono insieme sotto il segno di una fratellanza senza confini.
Della tua esperienza losangelina cosa ti è rimasto?
Beh, Los Angeles è un animale totalmente differente, ovunque tu vada trovi qualcosa di diverso. La mia LA è legata all’esperienza con alcuni collettivi, di norma sono aggregazioni utilissime per far si che qualcosa accada, perché anche se tutto quello che percepiamo come grande si riferisce al mainstream, questo non significa che non ci sia una scena sotterranea capace di produrre talenti incredibili. Come artista, quello losangelino è stato uno dei miei periodi più creativi, prima ovviamente che tutti i miei affari discografici si fermassero a causa del mio incidente, che mi è costato tre settimane di coma. È una vicenda che mi ha fatto riflettere su tutto quello che volevo fare, avevo tutto davanti a me e mi dicevo: se vuoi farlo e ci sono degli ostacoli, devi superarli e trovare la squadra giusta, Los Angeles era il posto giusto per farlo.
E la strada? Cosa ti ha dato in termini musicali e personali
La strada è un bellissimo posto per creare e per suonare musica, quando ho cominciato come Fantastic Negrito l’idea iniziale era quella di prendere le mie canzoni e di portarle direttamente in strada, cosa che ho fatto. In quel contesto hai a che fare con il pubblico migliore e la strada può essere molto onesta, perché la gente può apprezzarti oppure passare oltre, ma anche gettarti qualcosa addosso. È un contesto a volte brutale, ma è onesto.
Fantastic Negrito – In the Pines (Oakland)
“In the Pines (Oakland)” è un film prodotto e diretto da Rashidi Natara Harper che coinvolge la musica di Fantastic Negrito. È una docu-fiction scaturita dall’impatto diretto che la violenza delle armi da fuoco ha sulle donne di colore. Musica, finzione e realtà sono connesse insieme in una dimensione visuale che confonde realtà e dramma per raccontare le emozioni di una madre dopo che il figlio è stato ucciso dalle armi della polizia.
…si è vero, la connessione con le persone è diretta e senza filtri…
…esattamente, perché puoi cantare per le persone che tornano a casa dal lavoro, per quelle sul tram, entrare direttamente in contatto con un frammento delle loro vite.
Quando sei tornato ad Oakland hai cominciato a coltivare Marijuana a scopi terapeutici…
si assolutamente solo a scopi terapeutici…
Certo, ma è molto interessante, in Italia c’è una battaglia in corso sulla Cannabis Terapeutica e purtroppo è molto difficile combattere i pregiudizi e i divieti dell’establishment, per introdurla in modo capillare e specifico. Ci puoi raccontare qualcosa su questa esperienza e come si sia resa possibile ad Oakland?
Il seme, come dicevamo prima, è stato piantato molto molto tempo fa. Questo tipo di energia positiva che si respira ad Oakland è principalmente legato alla controcultura e ad una mentalità che è sempre stata contro il sistema vigente; queste persone e la loro libertà hanno piantato i semi per un diverso modo di vivere legato ai principi del pensiero progressista, e questo consente di raccogliere frutti di un certo tipo. Ma è un seme che è stato piantato molto tempo fa nella bay area, ed era un pensiero totalmente fuori dagli schemi.
(N.d.a.) Oakland, centro storico della cultura nera statunitense e dei movimenti black radicali è la stessa città che ha dato vita al movimento delle Black Panther negli anni sessanta. Gli abusi della Polizia nei confronti della popolazione di colore sono persistenti e intenti a colpire gli strati più poveri della comunità urbana da diversi decenni. Bobby Hutton, membro diciassettenne delle Black Panther, nel 1968 si arrende dopo una sparatoria con la Polizia spogliandosi integralmente, nonostante questo viene ucciso dalla polizia con 12 colpi. È da quell’episodio che ad Oakland si sono create forti tensioni tra la popolazione nera e la polizia locale, tensioni intensificate negli anni ’90 anche per colpa dei “Rough Riders”, una vera e propria gang nata in seno alla polizia della città che si è resa responsabile di una serie di crimini contro la popolazione di colore, tra violenze e falsificazione delle prove. L’omicidio di Oscar Grant avvenuto nel 2009 nella stazione di polizia di Bart è uno degli episodi recenti più oscuri della storia americana.
Fantastic Negrito. Il tuo moniker. Lo hai scelto per stabilire una connessione più forte con certa musica delle radici?
Se vivi in un grande paese come gli Stati Uniti il concetto legato alla cultura delle persone di colore non è sempre positivo o “fantastico”. Anzi, la percezione è spesso opposta e quando ho pensato di usare “Fantastic” unito a “Negrito”, avevo in mente le radici della musica nera. Tutte le volte che vengo intervistato posso parlare di quanto erano grandi Skip James, Howlin’ Wolf, Robert Johnson, Charley Patton. Sono eroi della cultura popolare per me, ed è cominciato tutto con loro, per questo mi piace il nome, è un omaggio a quella cultura e a questi pionieri; siamo tutti debitori rispetto alla loro musica, anche quelli che fanno un genere molto diverso devono qualcosa al blues radicale, ancora una volta si tratta di un seme piantato molto, molto tempo fa.
Lost in a Crowd – Fantastic Negrito (NPR Tiny Desk 2015 Winner)
Credo che il tuo stile, pur attingendo alla musica dei padri, utilizzi la contaminazione in modo molto originale, le tradizioni che convergono sono diverse, inclusa quella punk, almeno a livello attitudinale….
È molto bello tu lo dica perché è quello che sto cercando di fare, ma sono consapevole che non potrò mai essere grande come lo sono stati i musicisti di cui parlavamo, loro sono stati degli innovatori, io sono molto influenzato dalla loro musica, per me è come il giardino dove vado a rifornirmi tutte le volte, perché è il più autentico per quanto mi riguarda e lo curo con grande amore; tutt’ora mi consente di imparare sempre nuove cose.
E il punk, che ruolo ha avuto negli anni della tua formazione?
Il punk incarnava quello che sentivo da adolescente quando avevo il bisogno di alzare il dito medio contro il sistema. Era quello di cui avevo bisogno. Ma era una cosa molto giovanile e per me non c’è niente che sia più punk di Little Richard. Certamente ascoltavo band come i Black Flag che erano stupefacenti, così come i Fishbone, ma cosa c’è di più punk di un nero nel pieno degli anni cinquanta, che urla al pianoforte. Allo stesso modo non c’è niente che sia più punk di Robert Johnson da solo, con la sua chitarra negli anni trenta. Se penso al punk penso alle energie e alle vibrazioni.
…certo, il punk come genere è una definizione troppo stretta…
assolutamente!. Non è un genere, io non credo ai generi. È attitudine pura e non c’è niente di più punk che metterci il cuore, per amare le persone e la loro energia. Non ha niente di distruttivo, questo per me è punk rock!
Prince invece? Lo ami molto. È ancora importante per te a livello di sonorità?
Non so quanto sia ancora presente nella mia musica a livello di sonorità, ma sono cresciuto con i dischi di questo grande artista nero. Anche lui punk. L’immagine che percepivo di lui, quella delle donne che gli gravitavano intorno, i lustrini, era davvero stupefacente e folle, soprattutto in una società che non pensa, che è fatta sempre più dal potere delle macchine. Era ed è compito degli artisti porsi contro e spaccare tutto, rompere gli schemi. Sono sempre stato attratto dagli artisti capaci di farlo, mi sono sentito sempre diverso e sono sempre stato attratto dai fratelli che seguivano una strada controcorrente.
Uno dei pezzi che preferisco del tuo album è “Scary Woman”, a mio parere è un bellissimo pezzo di musica, tra Cab Calloway e il vaudeville. Puoi raccontarci qualcosa del brano e soprattutto, chi è questa “Scary Woman”?
Tutte le donne possono essere spaventose (ride) perché sono così potenti e senza di loro non potremmo vivere. Le amiamo e spesso non le sopportiamo, ma abbiamo assolutamente bisogno di loro. Sono potenti, spaventose. Riguardo gli aspetti più strettamente musicali, c’è una canzone di Robert Johnson Chiamata Preachin’ Blues che per me è stata di grande ispirazione. Un meraviglioso uptempo, tutto eseguito con una sola chitarra. Tutto quello che riguarda Cab Calloway viene da quello stesso sentimento, è una sorta di Hyper Blues. Da un certo punto di vista è come sedersi in un giardino con tante belle radici nere a cui attingere, un luogo stupefacente dove potersi recare e che è ancora disponibile, per tutti noi.
Fantastic Negrito – Scary Woman (Live from Viaduct)
A proposito di radici. Cosa puoi dirmi su The Nigga Song, il testo è molto potente…
Il significato per me è ancora una volta legato al ruolo dell’artista che deve affrontare qualcosa che non è consentito alle persone comuni. Una responsabilità che abbiamo e che per quanto mi riguarda ho sentito come mia, profondamente. Dovevo cantare quella canzone, e in fondo parla per se stessa. È sull’amore, sulla famiglia umana, sulla necessità di dirci la verità l’un l’altro.
Recentemente Neil Young ha pubblicato la sua Children of Destiny, uno sguardo disilluso sul futuro dell’America. Tu cosa ne pensi?
È la vita, accade ogni giorno. Non è solo una questione americana, accade adesso, nel mondo. Ed è un test per capire esattamente chi siamo e cosa vogliamo come esseri umani; dobbiamo superare quello che accade, questo penso del futuro.
E la scena black contemporanea ti piace. Che futuro ha l’R’n’B, non pensi che in generale abbia perso le sue radici più genuine?
Se cerchi qualcosa di buono lo trovi. Ci sono ancora grandi artisti, se al contrario cerchi merda, la trovi ovunque. Ma come ti dicevo, c’è ancora spazio per musica valida, pensa a Kendrick Lamar. Da parte mia faccio quello che posso, e posso solo controllare Fantastic Negrito, nessun altro.
Quella al Festival delle Colline sarà la tua seconda volta in Toscana se non mi sbaglio…
Si, ho suonato a Settembre al Festival di Acquaviva, a Montepulciano in provincia di Siena
…cosa ti aspetti dal paesaggio, influenzerà la tua performance, e sopratutto, come sarà la tua band?
Più del paesaggio tengo conto delle vibrazioni, quelle del pubblico e in seconda istanza quelle del luogo. È il mio mestiere come artista, quello di connettermi con loro. Riguardo alla band posso dirti solo che il concerto sarà come una chiesa senza religione, questo posso dirti, (scandisce lentamente le parole) una chiesa senza una religione; potente, spirituale, bellissima e coinvolgente
Da poco hai registrato un nuovo brano, c’è anche un nuovo album in arrivo?
Si ho appena registrato un singolo, è una nuova canzone, si chiama “Push Back“. Al momento è disponibile in versione solo audio anche su Youtube, ma abbiamo appena finito di registrare un video interamente realizzato per le strade di Oakland e che sarà presto diffuso. Abbiamo coinvolto tutta la città.
“Push back”, respingere….
Si, racconta tutte quelle cose che ci differenziano, le stesse che al contrario possono unirci, si intitola quindi “Push back” nel senso di tenere a distanza, di respingere soprattutto l’ignoranza. Nel video abbiamo coinvolto tutte le persone della città, in modo da ottenere un risultato molto organico, ed è stato molto importante per me penetrare direttamente nel contesto più vivo di Oakland, filmare tutte le connessioni e i luoghi gestiti direttamente dalla gente del posto. Volevo si vedesse la gente al lavoro, sotto stress ma anche piena di energie, impaurita ma anche eccitata. Il potere della gente.
Xavier dice spesso: “The Bay Area is the greatest tribe in the world” , proprio per questo ha dedicato uno show a sorpresa per James A, un fan che non aveva potuto assistere ad uno dei concerti dell’ Outside Lands show. Enjoy.