Un sorriso, uno schiaffo, un bacio in bocca. Potrebbe essere una sintesi perfetta per il nuovo album di Francesca Messina, secondo capitolo dell’avventura Femina Ridens, supportata anche questa volta dalla presenza attenta di Massimiliano Lo Sardo. La frase, veicolava un progetto voluto da quella volpe di Enrico Lucherini, che nel 1976 spinse un veterano del montaggio cinematografico come Mario Morra a realizzare un film “collage” costituito dai frammenti di alcune pellicole Titanus prodotte in Italia dal 1946 al 1964. E nel collage della Messina i toni sono proprio quelli accesi e proteiformi di una cultura musicale, ma anche performativa, di cui si è perso il senso nella medietà generica delle produzioni musicali italiane, così impegnate a restituirci un’istantanea di quello che accade entro le quattro pareti di una stanza.
“Schiaffi” non è mai “medio” nè banale, a partire dai colori e dalle linee geometriche dell’artwork, quasi un’eco di quell’iconografia ottantiana, che anche nel pop italiano di quegli anni metteva insieme le suggestioni delle nuove onde anglofone con il futurismo e l’art decò europea, inventandosi la sintesi di un nuovo spazio.
In questo senso Femina Ridens incarna il ruolo di una Diva eretica, un ponte tra passato e futuro, dove la smitizzazione dei modelli femminili ma anche maschili è al centro di un progetto di grande carisma che non perde mai il fuoco rispetto all’impatto emotivo, anche per la capacità della Messina di modulare le sue incredibili capacità vocali attraverso la rappresentazione di una galleria di caratteri eterogenei, eroici e meschini, fisici ed erotici, iperreali e commuoventi
Diciamolo chiaramente a scanso di equivoci, “Schiaffi” è un album spiazzante, per qualità apparentemente più immediate rispetto al precedente, ma allo stesso tempo per la carica innovativa e combinatoria degli elementi in campo, quelli di un pop alchemico che in virtù di caratteristiche combinatorie, non perde una sola occasione per sperimentare attraverso il linguaggio e il suono, senza che l’uno prenda il sopravvento sull’altro, perché intelletto e corpo ingaggiano una lotta costante, perfettamente bilanciata.
Ecco perché Come te assume la forma di un pop affascinante ed estetico con la voce di Francesca che sembra provenire da un altro pianeta, per poi farsi guidare da una forza ossessiva e tribale che lo rende esperimento minimal, ferocemente vivo; mentre La sportiva, vero e proprio capolavoro tra folk ed elettronica analogica, chiarisce una volta di più quanto la Messina lavori per sottrazione, soppesando il ruolo dei suoni con quello della sua voce, strumento duttile, profondo e ludico allo stesso tempo.
“Schiaffi” prende forma tra questi due estremi e che Francesca Messina sia una delle voci più importanti e inafferrabili del panorama italiano, ci sembra un dato di fatto, non solo per il coraggio della musicista apolide toscana di piegare la tecnica alla descrizione di un mondo complesso e irriducibile rispetto alle forme del racconto cantautorale, ma anche per il talento interpretativo, che cambiando da un brano all’altro, si accorda di volta in volta ai diversi mondi senza cedere ad un eclettismo compiaciuto e citazionista.
Non è quindi il caso di decriptare il significato di ogni brano, proprio per quel punto di convergenza tra fisicità e astrazione simbolica che i testi della Messina sembrano indicarci, aprendosi alla libertà di lettura, perché tra senso e apparente nonsenso emerge sempre ansia di verità.