Quando si parla di “found footage” e di “stock footage” si fa spesso confusione tra due prassi apparentemente simili, ma molto diverse dal punto di vista della ricerca. Se film, clip o frammenti preesistenti possono essere riassemblati e quindi risemantizzati in un contesto differente, la provenienza dei “footage” non è sempre “trovata”, ovvero legata, almeno nella sua fase “cellulare”, alla pratica duchampiana dell’Objet trouvè.
Immagini di repertorio, film pubblicitari, ricerca di frammenti anonimi e amatoriali, film di famiglia, fino alla rielaborazione chimica degli stessi filmati, attraversano tutta la storia del cinema, con prassi e obiettivi combinatori diversi, da Vertov al cinema underground statunitense fino agli straordinari Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi.
Lo “stock footage” nasce in un contesto completamente diverso, eminentemente televisivo, con l’allestimento di librerie di immagini in formato Betacam e VHS, che dovevano fornire palinsesti informativi oppure divulgativi, in forma integrativa. Un concetto che si è espanso fino agli anni della rivoluzione digitale e ha assunto forme estensive con le librerie Corbis Motion e con altre compagnie che distribuiscono brevi clip organizzate per tipologie, con un contratto di utilizzo che può essere esente da diritti o destinato all’acquisto esclusivo.
Dagli ephemeral movie digitalizzati e distribuiti in forma open da archive.org fino a compagnie come Shutterstock, Videoblocks, Videohive, l’offerta stock footage è diventata vastissima e serve le esigenze di palinsesti e videomaker in forma diversa, anche come allargamento virale tra la platea dei possibili fornitori. Rispetto alla pellicola trapelata o alla ricerca di vecchi super 8 di famiglia, il processo è meno avventuroso e consente di cercare il frammento attraverso un database organizzato.
Molti videomaker di talento hanno cominciato in questo modo, soprattutto nell’ambito videoclip, per abbattere i costi di realizzazione e sostanzialmente lavorare sul frammento sia in termini di puro montaggio, elaborando ritmo e flow come dinamica principale oppure modificando radicalmente gli elementi acquisiti con tecniche lato software di Databendig o Datamoshing.
Gli esempi sono moltissimi e vanno da nomi come Olivier Groulx, che agli esordi si è servito moltissimo delle librerie Corbis Motion, fino all’italiano nowareart che elabora una poetica caotica e creativa del tutto personale, girando personalmente il materiale con apparati per la videoripresa scientifica e combinandolo con film di famiglia e immagini letteralmente ritrovate, quindi in una forma più vicina al found footage come prassi di ricerca.
Il video realizzato da Francesco Taskayali, pianista di fama internazionale, per il collega Francesco Maria Mancarella, oltre alle occorrenze di collaborazione imbastite dalla label in comune, la INRI Classic, attinge a immagini royalty free attraverso librerie Stock footage. Un collage di immagini assimilate per analogia con un lavoro di puro montaggio, per dare vita in forma visiva a “Endless”
“Per fare il video – ci ha detto Taskayali – mi sono ispirato alla musica immaginifica di Mancarella, il suo desiderio di universo e spazialità mi ha portato a rimodulare il pensiero del mito della caverna. Così ho iniziato con un esploratore all’interno di un caverna che tramite una torcia inizia a vedere i profili di un’altra realtà e uscendo scopre l’immensità dell’universo, cosa che avverrà nei nostri tempi tramite l’esplorazione spaziale. Francesco voleva un video che trattasse di questi temi e ho provato a fare del mio meglio.”
“Ho scritto Endless – ha aggiunto Mancarella – pensando all’uomo con la sua voglia di ricerca e di esplorazione. Una ricerca interiore di conoscenza personale e di introspezione creativa. Uno sguardo all’universo pensando alla prossima evoluzione sociale e parallelamente all’evoluzione creativa che è in ognuno di noi. La composizione è ricchissima di frequenze con un interscambio continuo tra la parte orchestrale ed il tema sviluppato dal sintetizzatore che donano al brano una varietà di sfumature infinite. I sub bass dei 50 Hz creano una vibrazione emozionale nell’ascoltatore: viene inebriato da una profonda sensazione di pienezza, soggiogata dalla presenza delle sonorità bineurali. Il tema malinconico e minore della parte iniziale si risolve con le frasi armoniche maggiori di un’orchestra metafora di speranza.”
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