giovedì, Novembre 21, 2024

Frightened Rabbit – Get Out, il videoclip: Greg Davenport filma la mistica monumentale sovietica

Il Marxismo è proprio una religione, nel senso più impuro della parola. In particolare, ha in comune con tutte le forme inferiori della forma religiosa il fatto di essere stato continuamente utilizzato, secondo l’espressione così appropriata di Marx, come oppio del popolo

Simone Weil Oppressione e libertà, Edizioni di Comunità 1956 pp. 244-247

C’è un bellissimo volume curato da Liliana Gómez e Walter Van Herck intitolato The Sacred In The City dove si descrive l’architettura modernista Sovietica come infusa di qualità sacre. Può sembrare una provocazione, ma mentre il regime veicolava l’ateismo di Stato, sacralizzava lo spazio erigendo strutture monumentali che stabilissero significato e fedeltà ad un concetto. Quelli costruiti a Kiev dopo la seconda guerra mondiale rappresentano un tentativo di trasfigurare lo spazio pubblico con modalità del tutto diverse dai grandi blocchi abitativi dell’est tesi alla costruzione di un ambiente unificato. Grazie alla collaborazione di architetti come Edward Bilsky e Florian Yuriyev connessi più volte alle ricerche artistiche di nomi come Ada Rybachuk e Volodymyr Melnychenko, si assiste ad una sintesi formidabile tra arte e architettura che in qualche modo sovverte dall’interno i principi e gli scopi della burocrazia politica Ucraina, creando una frattura nello spazio, dove memoria, storia e tempo presente contribuivano a creare un percorso interiore, oltre gli aspetti meramente funzionali.

In “Last Landscapes: The Architecture of the Cemetery in the West” Ken Worpole riporta alcune frasi della Rybachuk e di Melnychenko sulle intenzioni che guidarono la costruzione del nuovo crematorio di Kiev, assegnato ai due artisti nel 1960 dopo la vincita di un concorso: “volevamo creare un intero complesso cerimoniale […] volevamo descrivere il percorso circolare della vita, per spiegare che la morte non è la fine“. La costruzione del crematorio passa attraverso le resistenze del tempo, che non vedevano di buon occhio la visibilità di un processo industriale legato alla morte, con la strage nazista del fossato di Babij Jar ben presente nella memoria della popolazione. Una connessione che viene sciolta dai due artisti con l’idea di un complesso più grande, il parco della memoria, un paesaggio che unisce elementi della Memoria Storica, relegando il processo industriale della cremazione all’interno della struttura preposta.

Il talentuoso regista britannico Greg Davenport ha diretto numerose clip a partire dal modo in cui la morfologia di una città cambia non solo la nostra formazione percettiva, ma anche il modo in cui si può fare esperienza dello spazio come percorso di rivelazione. Oltre alla Glasgow di “The paper trench”, il video realizzato per Admiral Fallow nel 2012, Davenport ha girato proprio nella suburbia di Kiev un anno fa per il video dei Lonely The Brave intitolato “Backroads”.

Torna quindi nella città Ucraina per Frightened Rabbit e gira la splendida clip di “Get out” ambientando la coreografia di due corpi femminili che collidono nello spazio monumentale della città e utilizzando come sfondo il Crematorio di cui parlavamo, la statua “divina” della Madre Patria progettata da  Yevgeny Vuchetich nel 1981, il monumento dedicato alla polizia politica sovietica nota come Čeka, l’imponente monumento circolare dedicato alla memoria della grande guerra.

È un’esplorazione interiore dello spazio a cui si contrappone l’esplosione di una fisicità performativa e il tentativo di superare, o al contrario opporre, una barriera affettiva. Davenport spezza la fissità dello spazio con un montaggio tattile e fisicissimo e individua un punto di rottura ai piedi degli dei,  tra primato dell’azione e quello della contemplazione.

Greg Davenport in rete

 

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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