Gaia Alari è una talentuosa animatrice bergamasca che sin da subito ha allargato i confini del suo lavoro in ambito internazionale, realizzando sorprendenti videoclip per artisti di ottimo livello. Suo, per esempio, “I talk to the wind“, il video realizzato per la folksinger serbo-canadese Dana Gavanski, alle prese con la cover di uno dei brani più belli e celebri dei King Crimson.
Oltre a collaborare per la Full Time Hobby, Gaia ha realizzato una serie di lavori in Clay Animation, citiamo a questo proposito l’horror metropolitano Terminus, e il bel videoclip per Ada Lea, intitolato Wild Heart.
Per il concorso di Asolo Film Festival 2021 diretto da Thomas Torelli, nella sezione “Music Video” curata da Michele Faggi, Gaia Alari porta “It’s Alive”, animazione ibrida realizzata per il duo newyorchese Toledo, che conferma il talento straordinario e il linguaggio universale di questa giovane artista.
In controtendenza rispetto ad un’animazione “perfetta”, la Alari recupera l’incertezza del movimento e della percezione soggettiva, partendo dal ricalco del rotoscope, come ci racconta in questa bella intervista, per disinnescarne i presupposti con una “replica” frame-by-frame interamente fatta a mano. Sempre nell’intervista Gaia si riferisce ad un procedimento legato agli automatismi e alle libere associazioni di alcune tecniche surrealiste, confermando lo spirito libero e combinatorio della sua animazione, vicinissima alla mutazione costante del movimento.
L’intervista a Gaia Alari si può leggere dopo il video
Gaia Alari – it’s alive – Video realizzato per Toledo
Ciao Gaia, benvenuta su indie-eye. Puoi raccontare ai nostri lettori, quelli che ancora non ti conoscono, come si è delineato il tuo percorso formativo?
Dal punto di vista artistico sono autodidatta. Ho studiato medicina all’università e quasi con serendipità, ho sviluppato una passione parallela per l’Arte Contemporanea e il Cinema. Sono sempre stata abbastanza dotata nel disegno, da piccola trascorrevo ore ed ore a scarabocchiare con i pastelli a cera su fogli o a costruire piccoli personaggi di pongo inventando storie. Credo di essere semplicemente tornata con un’ottica adulta a quello che mi definiva durante l’infanzia: una curiosità ludica per tutto quello che è creativo, un modo di comunicare attraverso simboli e immagini più che attraverso le parole e la necessità di uno spazio tutto per me. A room of one’s own, alla Virginia Woolf insomma. Soprattutto questo: il fatto che da medico è molto difficile avere quotidianamente dello spazio, letteralmente, per se stessi e per quella solitudine che ho sempre cercato, mi ha spinto a prendere una decisione, se vogliamo, incosciente: cambiare completamente carriera. Sicuramente lo studio della medicina mi ha aiutata ad essere estremamente metodica anche nel lavoro prima come artista visiva tradizionale, poi come videoartista ed ora come regista di videoclip animati e corti d’animazione, come one woman crew o più di recente in team.
In questo mondo creativo e proteiforme che hai descritto, come si intrecciano e si sono intrecciate illustrazione e animazione?
L’illustrazione e l’animazione sono legate a doppio filo: nel mio caso, anche quando facevo l’artista di galleria e preparavo opere “statiche”, ho sempre avuto bisogno di raccontare una storia che andasse oltre il singolo foglio di carta. Era già allora naturale per me lavorare in serie. Il logico passo successivo era rendere quelle serie ancora più connesse tra loro. Nathalie Djurberg e William Kentridge mi hanno mostrato, con le loro opere di video arte, che si poteva fare.
Nei tuoi lavori di animazione non privilegi una sola tecnica. Nei tuoi video c’è spazio per la clay animation, per lo stop motion e per il disegno a mano. Come e perché scegli e adatti una tecnica particolare a mondi diversi?
Nel caso dei video musicali, scelgo in base all’estetica che una canzone evoca e al background del musicista con cui lavoro. Mi piace utilizzare entrambe le tecniche: con la claymation mi diverto molto nella fase di preparazione, uso esclusivamente materiali riciclati per le miniature e i set. Il risultato è sicuramente più vicino alla video arte: lavoro da sola non ho uno studio equipaggiato con bracci meccanici e programmi sofisticati per eseguire una perfetta claymation cinematografica. Da questo punto di vista il risultato è sicuramente più artigianale e grezzo, più particolare e forse meno “piacevole” rispetto all’animazione 2d. Nel caso in cui mi trovi a lavorare con una musica e testo particolarmente stratificati, metaforici e intimi, sicuramente identifico la claymation di questo tipo come la più adatta in generale. Nel caso in cui stia lavorando con melodie dream pop o testi che invece hanno in sé una matrice più cinematografica e una vibrazione più nostalgica, preferisco optare per l’animazione disegnata.
Per il video di it’s alive hai scelto il disegno a mano e il rotoscoping se non erro, ci racconti come le due tecniche si incontrano e quale é il modo migliore per raggiungere il massimo della libertà con una tecnica che di fatto parte dal “ricalco” dei movimenti?
Si, esattamente, nel caso di it’s Alive ho mescolato rotoscopio e disegno libero. Mi aiuta il fatto che non utilizzo il ricalco nel momento in cui mi avvicino al rotoscopio, ma utilizzo un video di riferimento solitamente girato con uno smartphone in ambiente casalingo, senza attenzione a fondo o luci, per i movimenti e le somiglianze, ma ogni frame preso singolarmente è diverso dal precedente. Già così sono meno legata al video di riferimento: posso cambiare lo sfondo, l’illuminazione, inserire elementi con un assetto mentale forse più simile al collage. in questo modo è molto facile per me ragionare invece che in termini di ricalco di un video già di per sé fatto e finito, in termini di forme, linee ed elementi, da cui procedere a cadavere squisito inserendo parti del tutto surreali, che invece disegno a mano libera senza utilizzare un riferimento preciso.
Come hai deciso il lavoro insieme a Toledo, e in generale che tipo di interazione mantieni con gli artisti per cui realizzi video musicali?
In generale mi piace molto conoscere i musicisti con cui lavoro, tra cui Toledo che sono due giovani musicisti newyorkesi pieni di vivacità e curiosità, capire da quale background provengono, quali sono le loro influenze musicali e cinematografiche. Mi aiuta decisamente ad entrare meglio nel loro mondo e a proporre delle visuals che vadano ad accompagnare le loro canzoni nel modo migliore. Sono molto fortunata perché i musicisti che si approcciano a me sanno che ho uno stile e un’estetica di un certo tipo, quindi ho molta libertà da questo punto di vista. Mi piace che si crei un rapporto di fiducia reciproca, con due cantautrici con cui ho lavorato, ovvero Ada Lea e Dana Gavanski, ho stretto un rapporto di amicizia a cui tengo molto. Tendiamo naturalmente a mantenere i contatti e raramente mi trovo a lavorare solo una volta occasionalmente con i musicisti con cui collaboro: solitamente l’appuntamento è per un video al prossimo album
Per quanto i video che hai realizzato per diverse committenze siano tutti molto autonomi nel loro universo visuale, c’è ovviamente un fil rouge e uno stile molto preciso che emerge, legato ad una particolare attenzione al mondo organico e dei piccoli fenomeni naturali invisibili all’occhio. Come mai questo interesse entomologico ? Nasce in parte dai tuoi studi di Medicina, e oltre a questo, pensi in qualche modo di aver portato dentro la tua arte anche il mondo della scienza e il modo percettivo della stessa?
Sicuramente i miei studi accademici si manifestano nell’attenzione ai dettagli e al mondo organico e naturale, è estremamente evidente nel video per Toledo, ma in generale mi piace sempre esplorare in maniera più o meno palese l’idea di caducità e ciclicità di vita e morte. E’ divertente per me associare in una cornice surreale dei fenomeni naturali ad elementi molto concreti, realistici e cinematografici e allo stesso tempo mantenere una tensione e un’atmosfera coerenti nell’intero video, indipendentemente dai soggetti o dagli elementi estetici con cui scelgo di lavorare in ciascuna sequenza.
I video musicali , oltre alle esposizioni della tua arte, sono diventati un elemento importante per te. Cosa ti piace di questa forma e cosa trovi, per esempio, in più rispetto alla realizzazione di un cortometraggio tradizionale?
Ad essere sincera mi è capitato di entrare in contatto prima con il mondo del videoclip musicale e solo successivamente con quello cinematografico. Credo sia più facile applicare un approccio di tipo video artistico, non lineare, frammentato, concettuale a un video musicale; penso per esempio ai video musicali di Chris Cunningham o anche di Michel Gondry o Roman Coppola, oppure a Beyoncè che sceglie di fare un tributo glam a uno dei più noti video di Pipilotti Rist. Quindi è stato uno step abbastanza naturale considerando il background prettamente artistico da cui provengo. Il fatto che in questi anni io abbia dedicato quasi ogni secondo del mio tempo libero a guardare film e ad amare il cinema, mi sta però accompagnando lentamente verso quel mondo. Sto lavorando giusto adesso al mio cortometraggio animato di debutto, narrativo, in cui figurerò come co-regista e art director. Non vedo l’ora di misurarmi anche con questo nuovo tipo di progetti a lungo termine.
Per quanto riguarda l’inclusione all’interno del concorso di Asolo Art Film Festival, nella sezione videoclip, a caldo puoi darci qualche impressione ?
Sono molto contenta e grata di essere stata considerata da Michele Faggi per la selezione di video clip per Asolo Art film festival, gli altri video musicali in concorso sono splendidi e in generale i film che parteciperanno mi offriranno una gran dose di ispirazione. Sono estremamente curiosa e amo vedere cose belle con l’occhio da spettatrice, non vedo l’ora di approfondire la selezione generale del festival!