Dopo una pausa di alcuni anni dall’industria musicale, passata ad inseguire l’ambiente della formula 1, George Harrison celebra la sua antica passione sportiva con un promo video, primo estratto dal suo nuovo, omonimo album pubblicato nel 1979.
“Faster“, le cui liriche sono in parte ispirate alla vita al limite di Niki Lauda, sospeso tra rinunce e improvvisi ritorni di fiamma dopo l’incidente del Nürburgring, si riferisce in modo più generico al costrutto di resilienza degli individui e per lo stesso musicista inglese è rivolta a chiunque si trovi a dover resistere all’interno della contrapposizione tra velocità creativa e le pressioni, anche negative, della società circostante.
Il riferimento all’industria discografica è servito lateralmente. Questa amara elegia del movimento, coincide quindi con la ritrovata energia di Harrison per la scrittura. L’amicizia stabilita nei tardi anni settanta con Jackie Stewart, tre volte campione del mondo, gli consente di frequentare l’ambiente della formula 1, amato sin dall’adolescenza, finalmente dietro le quinte delle principali scuderie e di assimilare il senso di vite al limite, che possano offrirgli un’esperienza estrema, oltre i confini della quotidianità.
Il promo viene filmato tra il 4 e l’8 aprile del 1979 dallo stesso Harrison, come vero e proprio videodiario registrato durante alcune gare automobilistiche. Tra i footage ci sono sicuramente i Grand Prix di San Palo in Brasile, quello di Kyalami in Sudafrica e quello di Long Beach negli Stati Uniti.
Presenti altri frammenti non facilmente identificabili, tra cui uno filmato con molta probabilità a Milano.
Dopo una carrellata di piloti, i cui sguardi restituiscono il senso di sospensione prima di lanciarsi in velocità, le immagini aggregano false partenze, difficili assestamenti, tenute labili, soggettive all’interno dell’abitacolo, con uno stile lontano da ciò che sarebbe diventata l’immagine della Formula 1 in televisione, più vicina quindi agli scarti tra velocità e disinnesco della stessa.
Anche l’approssimazione del montaggio, gli zoom amatoriali, l’approccio diaristico, testimoniano questa immersione soggettiva che smonta la macchina competitiva in una serie di frammenti di intima fragilità, dove l’errore, il difetto, la festa, la folla, sembrano restituire un senso incombente di precarietà.
Il montaggio stesso, abbozza alcune idee legate per lo più all’attacco tra verso e immagine, cercando nel frammento analogie tra senso e sintassi del ritmo. L’esempio più chiaro è quel “Faster than a bullet from a gun” o il successivo “Quicker than the blinking of an eye“, dove l’inserto visuale, forse memore della dimensione slapstick del cinema di Richard Lester, diventa esso stesso suono. Eppure si ha la sensazione che tutto sia incredibilmente e prodigiosamente fuori tempo, sempre un momento prima oppure successivo, come il cantato di Harrison, emozionale proprio perché nell’abbozzo di uno “scat” rallentato, la scansione dell’inciso sembra incespicare e andare ad una velocità diversa rispetto alla cronometria delle chitarre; vivo, bellissimo, è un mondo sonoro e visuale che procede ad una diversa velocità.
Alternate, le immagini in lipsync dello stesso Harrison, seduto con la sua acustica sul sedile posteriore di un veicolo, con Stewart nei panni del suo chaffeur personale.
Mentre il singolo uscì il 31 luglio 1979, il video fu trasmesso come premiere durante il mese di agosto dalla francese TF1 e successivamente, nel format sportivo World of Sport, dalla britannica ITV, a conferma di una rotazione atipica e generalista, prima ancora dell’avventura delle televisioni tematiche dedicate alla videomusica.