domenica, Dicembre 22, 2024

Georges Vert, il feticista dei synth: An Electric Mind

Lo dice lo stesso Georges Vert, la musica di Raymond Scott e tutte le sue diavolerie proto-elettroniche hanno cominciato ad influenzarlo da quando si manteneva in un piccolo appartamento di parigi all’età di venti anni: “non so da dove veniva quel suono, entrava dalla mia finestra, forse veniva riprodotto dallo studio sotto casa, direttamente sulla strada, ma non è importante, quello che conta è che per me è stata una vera e propria epifania, e la mia vita non è stata più la stessa“.

Da qui in poi Vert lascia il suo lavoro come trascrittore per partiture di musica classica e si avvicina al mondo dei synth, vera ossessione per il nostro. Le influenze che Vert dichiara per il suo album di debutto, in uscita per Melodic il prossimo 26 agosto , sono quelle di Moroder certamente, ma gli piace citare gli Air, altri artisti francofoni come Roger Roger, Nino Nardini e Bernard Fevre e il produttore rumeno naturalizzato tedesco, Michael Cretu, attivo soprattutto nel periodo di massimo splendore dell’Italo disco, noto per le produzioni (e l’amore) con/per la cantante Sandra.

Geroges Vert, il francese feticista dei synth, così è stato definito, ha un’ottima memoria musicale e una grande capacità di eguagliare le gesta dei metà umani metà androidi che ci fecero ballare e aprire le menti. Già la title track di questo suo “an electric mind” richiama le meditazioni elettriche e le chitarre acustiche dei Tangerine Dream, le visioni Moroderiane da film, qualche tocco ambientale dei Pink Floyd meditabondi. Proseguendo con l’ascolto ogni traccia pare un capitolo della storia della musica elettronica popolare. Pegasus Dub, come da titolo, indaga sulle avventure da afterparty dei club dalle origini ai giorni nostri, sempre con andatura danzereccia alla I Feel Love. Il singolo Jovan Freak si maschera dietro effettacci per mascherare la sua vera età: non è lo Studio 54 a averla partorita, piuttosto qualche out-take percussiva dei LCD Soundsystem. Freak D’Espace era già comparsa su EP omonimo, ma rende onore solo alla parte più da club, con l’immancabile chitarra acustica a fare da contraltare alla marea di soffi di natura elettrica. Non manca il funk, En Plein Air suona come degli Chic acidissimi, mentre la coda delle ultime tre tracce ringrazia la italodisco e tutta la compagine di produttori mai celebrati abbastanza.

An Electric Mind riesce a coprire un decennio di musica, vagando tra sperimentazioni e assimilazioni pop, passando dal club alla radio, dal dancefloor al silenzio della propria cameretta. Un bel bignami per chi non fosse stato all’ascolto delle puntate precedenti.

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Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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