domenica, Dicembre 22, 2024

Gian Luca Mondo – Malamore: la recensione

Lo scorso anno apprezzammo molto il secondo album di Gian Luca Mondo, Petali, per i suoi testi veramente ottimi accompagnati da scelte musicali debitrici verso il meglio del cantautorato rock dagli anni Sessanta fino ad oggi.

A distanza di dodici mesi il cantautore ligure-piemontese torna con un nuovo album, intitolato Malamore, nel quale dà spazio al suo spirito punk, ispirandosi, come affermato dall’autore stesso, a Joe Strummer e Johnny Thunders. Più che a livello di suoni questi numi tutelari vanno però intesi a livello di attitudine, in particolare per quanto riguarda l’urgenza nel processo artistico dell’album, scritto praticamente di getto e poi registrato in pochi giorni. Di conseguenza i testi di Malamore sono più brevi e diretti rispetto a quelli di Petali, e allo stesso modo i suoni che li accompagnano sono meno elaborati e raffinati ma non per questo scontati o eccessivamente grezzi, grazie alla produzione affidata come nel disco precedente a Carlo Marrone, ormai compagno fisso di scorribande musicali per Gian Luca, che spinge le canzoni in una direzione elettrica in stile Lou Reed, perfetta per accompagnare i testi di amore e morte presenti nell’album.

Pur partendo da queste premesse molto differenti la cifra stilistica di Mondo rimane ben chiara, con al centro ancora una volta l’amore spirituale, quello carnale e la loro eterna lotta che ha come campo di battaglia il cuore e il corpo del cantautore. Tra i brani più toccanti e in grado di descrivere queste lacerazioni spiccano Malamore sta con te, che introduce il disco con il nervosismo della chitarra elettrica bilanciato solo in parte da sparse note di piano, Ringraziamento, dove è la carnalità a trionfare assieme alle ragazze con i capelli rossi, Blues del doppiopetto, altra fucina di vizi direttamente dal Delta, e la conclusiva VagaMondo, dove Gian Luca riflette sul significato del dolore e della sofferenza.

Malamore è quindi un’altra prova più che valida per Mondo, che si conferma una penna di tutto rispetto, mai banale e in grado di colpire l’ascoltatore anche in questa veste “punk”. Attendiamo ora un’ulteriore evoluzione, che siamo certi ci stupirà in positivo come questa.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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