venerdì, Dicembre 27, 2024

Glasvegas, tra la Scozia e Phil Spector: la foto-intervista

Abbiamo parlato dei Glasvegas poco più di due mesi fa, quando in formazione ridotta si presentarono in Santeria a Milano per presentare in veste acustica il loro nuovo album, il terzo della loro carriera, intitolato Later…When The TV Turns To Static. Lo scorso 30 novembre abbiamo invece avuto modo di vederli in azione ai Magazzini Generali, questa volta in quartetto, con anche basso e batteria, per la data ufficiale del tour che li sta portando in giro per l’Europa. Un ottimo concerto, con una formazione affiatatissima sospinta dal drumming minimale ma molto energico della nuova batterista svedese Jonna Löfgren e guidata dal cantato di James Allan, in grado di spaziare dal melanconico al tragico a seconda dell’intensità della chitarra shoegaze del cugino Rab. Abbiamo avuto l’onore di incontrare James e Jonna poco prima del concerto, riuscendo a capire qualcosa di più sull’evoluzione della band in concomitanza con l’uscita dell’ultimo disco. Ecco cosa ci hanno raccontato, Allan col suo accento ultra-scozzese e Jonna col suo perfetto inglese nordeuropeo.

Mi sembra che le canzoni di Later…When The TV Turns To Static siano probabilmente le più personali da punto di vista dei testi tra quelle che avete fatto finora. È giusta questa impressione?

Ja: Non penso che siano le più personali, lo sono allo stesso modo delle precedenti, forse può sembrarlo perché uso maggiormente la prima persona, ma non è dovuto a quello. O almeno, questa è la mia modesta opinione.

In questo caso la produzione è stata fatta totalmente da James, mentre nei dischi precedenti avevate lavorato anche con Rich Costey e con Flood. Perché questa scelta?

Ja: penso sia stata una decisione collettiva da parte della band, pensavamo che questa volta le canzoni richiedessero un approccio essenziale. Dovevano suonare quasi come se fossimo in una stanza a suonare tutti assieme, quindi abbiamo pensato di avere bisogno di qualcosa di molto semplice, come un microfono vicino agli strumenti o poco più. Pensavamo di poterlo fare, anche grazie all’esperienza fatta nei dischi precedenti, nella cui produzione ero stato coinvolto.

Pensate che il lavoro fatto con quei due produttori abbia influito comunque sulla produzione di questo disco?

Ja: Praticamente tutto! Non solo dal punto di vista tecnico, anzi soprattutto non dal punto di vista tecnico, su come gestire il tutto. Non sono cose che ti insegnano direttamente, ma che impari pian piano.

Il singolo di lancio è stato I’d Rather Be Dead (Than Be With You), uscito quando ancora non avevate il contratto con BMG. perché avete scelto quella canzone? E come mai non avete atteso di avere il nuovo contratto?

Jo: perché non volevamo aspettare la firma, volevamo solo far uscire la canzone. Avevamo diverse offerte ed abbiamo preferito aspettare la migliore opzione possibile prima di scegliere, volevamo evitare scelte avventate. Però al tempo stesso la canzone era pronta e ci piaceva, quindi l’abbiamo fatta uscire senza pensarci troppo.

Mi sarebbe piaciuto vedere anche All I Want Is My Baby come singolo. Ho qualche possibilità?

Ja: è la stessa cosa che dico io.

Jo: sì, lo dice fin dal primo giorno.

Ja: stavamo discutendo di quale dovesse essere il prossimo singolo e probabilmente sarà Secret Truth, ma se dovessimo farne uscire un altro in seguito sarebbe bello che fosse quella canzone.

Il disco è stato registrato a Glasgow, mentre il precedente era stato registrato in California. Il luogo di registrazione influisce in qualche modo sul suono, secondo voi?

Ja: sì, e penso che ciò valga non solo se si è in una band ma qualunque cosa tu faccia nella vita. Penso che tutto ciò che hai attorno abbia un’influenza sul modo in cui lavori. Credo che i luoghi in cui abbiamo registrato abbiano influito su come sono i dischi, non so dirti specificamente in quali modi, però sento che per esempio l’ultimo disco sarebbe stato un po’ diverso se non l’avessimo registrato a Glasgow.

Jo: io in realtà non posso dire molto, visto che è il primo album che registro. Posso dire che sicuramente sentivo l’influenza di Glasgow quando tornavo a casa dopo le sedute di registrazione, e che Glasgow non è certamente cool come la California… ma ero comunque eccitata dal fatto che era il mio primo disco, quindi quando partivo dalla Svezia dicevo “wow, sto andando a Glasgow a fare un disco!”

Ja: il prossimo potremmo farlo proprio in Svezia

Jo: mi piacerebbe comunque, perché dovrei registrare un disco! (continua nella pagina successiva…)

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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