Nella sarabanda di dichiarazioni che dal 2015 vedono Graham Coxon smentire e poi improvvisamente aprire una flebile speranza per il nuovo capitolo Blur, dopo l’ottimo “Magic whip”, l’unica data italiana dei Gorillaz al Lucca Summer Festival ha in qualche modo confinato questi desideri alla fine della setlist quando Damon Albarn e il folto numero di collaboratori presenti sul palco hanno attaccato “Kids With Guns” in una versione più scarna e tagliente rispetto agli show più recenti, maggiormente vicina alla versione da studio e senza la consueta uscita dal coro di Michelle Ndegwa a tingere di nu soul il brano con i suoi intarsi vocali.
Si è trattato dell’episodio più vicino alla cultura e ai suoni “brit” di Albarn, perchè tutto il live, sviluppato attorno alla promozione del recentissimo The Now Now, ha privilegiato la contaminazione tra hip hop, rap, elettronica, nu soul, R’n’b e soprattutto house chicagoana, con la presenza di Jamie Principle, pioniere del genere, in primo piano sul palco di Piazza Napoleone durante l’esecuzione di “Hollywood”.
Vibrazioni black quindi, con il sistema visuale”always on”, ma decisamente meno intrusivo e interattivo del solito.
Rispetto alle attitudini live del progetto Gorillaz e all’utilizzo dei video come elementi in costante dialogo con la parte performativa, i cameos virtuali si sono dimostrati ridotti, senza particolari innovazioni, proprio perché la superband in scena ha ribaltato completamente le priorità catalizzando le attenzioni del pubblico e offrendo un live eccellente, tra dancefloor e reminiscenze anni ottanta.
Oltre al già citato Principle infatti, la presenza di due dei tre mitici membri fondatori dei De La Soul, Posdnuos (Pos) e Trugoy The Dove, da tempo ormai Dave, hanno garantito questa saldatura tra songwriting pop e black music nelle due fenomenali versioni di “Superfast Jellyfish” e dell’ormai classica “Feel Good Inc.” che ha infiammato la gremitissima location lucchese.
Un “wall of sound ” garantito dalla formazione allargata, che al di là delle soprese e degli ospiti era costitutita da sei coriste sullo sfondo insieme alla già citata Michelle Ndegwa, due chitarre, un basso, doppia batteria e due tastiere con quella suonata da Albarn, oltre ovviamente all’immancabile diamonica.
Tra tutti, il basso di Seye Adelekan ha funzionato benissimo come elemento da traino fino ad un tentativo di stage diving dello stesso, sceso tra transenne e pubblico, prontamente abortito da una sicurezza forse fin troppo preoccupata di garantire una festa uguale per tutti.
Nei video passano comunque i performer virtuali, tra cui Snoop Dogg e Del tha Funkee Homosapien, il primo a coadiuvare una versione già caldissima di “Hollywood” e il secondo per l’immancabile e acclamatissima “Clint Eastwood”.
Se rispetto al recente concerto dublinese non erano presenti i fiati della funk band Hypnotic Brass Ensemble, Albarn non si è fatto mancare il cameo di Bootie Brown, storico membro dei The Pharcyde coinvolto in “Stylo” e “Dirty Harry”, ricombinando quindi un parterre di artisti la cui provenienza è molto simile sia a livello generazionale che culturale.
Albarn si lamenta per il risultato dell’Inghilterra contro la Croazia e cerca un contatto diretto con il pubblico italiano sulla fede calcistica rispetto ad una Svizzera evidentemente più fredda che lo ha accolto per la data precedente; “Per quale motivo negli ultimi vent’anni non siamo mai venuti in Italia? Non fateci aspettare altrettanto” grida verso gli spettatori; il pubblico stipato nella storica piazza di Lucca lo ringrazia con un coinvolgimento raro e sentito, che solo la musica delle radici può alimentare, non importa se contaminata e rivisitata.