venerdì, Novembre 22, 2024

His Electro Blue Voice: fecondazione senza scrupuli, l’intervista a Francesco Mariani

(Introduzione di Michele Faggi, intervista di Andrea Quadroni)

Attraverso una pagina interna della S-S records c’è ancora una traccia visibile, Fog 45 (ss024), data di pubblicazione luglio 2007, 500 copie in vinile, fuori catalogo. È il primo singolo degli His Electro Blue Voice: “Two song debut by Lake Como, Italy’s post punk saviors“, ovvero l’inizio della storia discografica per la band di Francesco Mariani che da quel momento in poi pubblicherà una serie di singoli ed Ep con la costanza e il rigore di chi ha già le idee chiare, tanto che da questa prima release fino a Dead Sons del 2011 tutte le intuizioni tra post-punk, sferragliamenti post-industriali, una psichedelia più concettuale che nostalgica, e la tendenza a destrutturare i pezzi in un sabba rumoristico, si intensificheranno  a tal punto da fondere elettronica e rumore bianco in un mostro sonoro difficilmente traducibile in termini di somiglianze, riferimenti, vicinanza.

E non stiamo parlando certo del contesto Italiano, rispetto al quale gli HEBV sono una presenza aliena anche per il modo in cui hanno gestito la loro storia personale, ma di quello internazionale dal quale i nostri non desumono una lettura esotica osservata dall’esterno,  rischiando di risultare ostici e incollocabili, schegge impazzite come alcuni lavori di Ryan Rousseau quando preferiva la “laicità” del rumore al culto per gli adepti Garage. Di loro si accorge Sub Pop e tra il 2012 e il 2013 li include nella raccolta intitolata Sub pop 1000, destinata ai festeggiamenti per il Record Store Day 2013, con un brano intitolato Kidult che per più di sei minuti propone un intrico tra elettrico e inorganico, la stessa forza devastante che attraverserà il primo full lenght pubblicato recentemente per la storica etichetta di Seattle. Ruthless Sperm, la “fecondazione senza scrupoli” di un golem primigenio, un oggetto urticante e immediato e allo stesso tempo complesso, stratificato, dove tutto quello di cui si diceva viene sputato fuori senza la necessità di “tenersi dentro niente”, come ci ha raccontato in questa intervista Mariani, mente e “braccio armato” di un progetto nato dieci anni fa, arrivato adesso ad un traguardo importante.

Siete attivi da molti anni ma avete sempre mantenuto un profilo rigoroso e strettamente legato alla musica che vi piaceva, anche a costo di considerare marginale la promozione a tamburo battente; come nasce il “concetto” di His Electro Blue Voice e sopratutto, puoi raccontare ai nostri lettori questi anni prima del contatto con la Sub Pop?

Il progetto nasce da una mia idea. Semplicemente esplosa dalla voglia di mettere su una band, che suonasse diversa da quello che nella provincia di Como riuscivamo a sentire nei primi anni 2000. Frequentavo Andrea e Mattia per la passione in comune riguardo ai graffiti. Dipingere muri e treni era all’ordine del giorno. Ma la cosa che ci ha più avvicinati successivamente è che ascoltavamo anche tanta musica che non sempre doveva essere per forza rap, raggae, techno, drum and bass o simili. È proprio con loro si è riuscito a creare piano piano lo stile che ci ha portato al primo singolo Fog/Das, registrato a fine 2005 e pubblicato dopo parecchi travagli ad inizio 2007 per la californiana S-S Records. Successivamente la nostra promozione è andata avanti con le uscite fisiche e basta, non riuscendo mai a mettere su un live, supportate dalle etichette che hanno sempre stampato e fatto girare la nostra musica.

Come siete entrati in contatto con la Sub Pop? È cambiato qualcosa per la realizzazione del nuovo lavoro in termini di autonomia creativa?

Siamo passati attraverso una gavetta di 7″ e 12″, sempre usciti rigorosamente in vinile. Il primo cd ce lo ha stampato Sub Pop proprio ora in occasione dell’uscita di Ruthless Sperm.Penso che il “vinilino” sia il formato ideale, che ci ha permesso di crescere, sia per la durata, sia per l’oggetto stesso che alla fine nella maggior parte dei casi si va a comprare solo l’appassionato di un certo taglio. Le prime uscite sono state fondamentali, ci hanno aperto le porte dell’underground statunitense facendoci un minimo conoscere, fino ad arrivare a Sub Pop senza dover bussare alla loro porta, ma semplicemente tramite un passaparola formato da qualche centinaio di dischi circolati dalle loro parti. Quando durante la scorsa estate ci è arrivata una mail da parte loro eravamo in studio a registrare. I pezzi erano già stati fatti. Loro non hanno influito minimamente in scelte o quant’altro. Quando abbiamo poi deciso di collaborare non hanno “aperto becco” a riguardo. Gli è andato bene così com’ era stato pensato e realizzato. Stesso discorso per Kidult il pezzo inedito scritto appositamente per la compilation Sub Pop 1000 uscita in Aprile.

Ho letto etichette tra le più svariate, forse anche un po’ limitanti (post punk, kraut rock, dark wave) mi interessava capire quali erano i vostri ascolti, come interagivano tra di voi nel processo creativo, e soprattutto, cosa del panorama attuale si avvicina al vostro modo di pensare la musica.

Nirvana, Warsaw, Sonic Youth, Stooges, Christian Death, Big Black, Flipper, Neu, Red Crayola, Velvet Underground, Pink Floyd, Gun Club, Flipper, Wipers, Smiths, Jesus & Mary Chain e tantissimi altri. Ci piace ascoltare qualsiasi tipo di musica, oltre a quella che poi si sente in HEBV. Da buoni ascoltatori e appassionati, è fondamentale aprirsi a qualsiasi sonorità, recente o datata che sia, seguendo sia i consigli della stampa, degli amici, ma soprattutto farsi un percorso a ritroso, andando a scovare le basi, finchè ce la si fa. Per quanto riguarda il panorama attuale, basta che un gruppo non mi faccia venire la puzza sotto al naso e ciò è già un ottimo punto di partenza. Un gruppo onesto, sincero, senza strategie contorte che lasciano il tempo che trovano.

Puoi raccontarci qualcosa sul processo produttivo che ha attraversato la lavorazione di Ruthless Sperm, il vostro primo album? Come mai “sperma senza pietà?”

Ho passato un inverno intero senza uscire di casa, suonando e basta. In questo periodo ho avuto modo di buttare giù una trentina di pezzi, più o meno sensati. Di questi abbiamo poi scelto quelli con le soluzioni meno ripetitive, cercando di creare un album vario, che avesse parecchi ingredienti al proprio interno. Trovo sia inutile ripetersi all’infinito con la stessa formula “che funziona”. Preferisco mettermi continuamente in gioco, divertendomi a cercare soluzioni diverse sui quei riff di 3-4 tasti che da sempre ci portiamo dietro. Rutheless Sperm. Senza pietà, spietato, senza scrupoli. È la maniera nel quale HEBV spesso butta fuori testi e suoni. Non tenersi dentro nulla. Ma anche sì. Come si preferisce.

Como, piccola cittadina di provincia con l’anima svizzera, ha influenzato la narrativa nichilista di Ruthless Sperm?

Certo, la provincia di sicuro mi ha dato modo in parte di crescere nella maniera, spero, più genuina possibile, confrontandoci solo tra noi del gruppo o con altre poche persone che condividono la passione per la musica, senza particolari intenti di voler “sfondare” o farsi notare per cose estranea alla musica.

I CCCP, figli dell’esperienza di Ferretti come operatore sanitario, inserivano nelle liriche riferimenti all’universo del disagio psichiatrico e agli stati di alterazione mentali. I vostri testi in qualche modo si rifanno a quel mondo?A quali fonti di ispirazione ti affidi (se ti affidi) per la scrittura dei tuoi brani? C’è qualcosa di questo aspetto che influenza l’approccio claustrofobico e post-industriale della vostra musica?

É tutto inconscio, si metabolizza. Tra libri, film, dischi ascoltati, disegni, camminate, rapporti personali, solitudine. Poi “ad una certa” si sputa il tutto e da lì vengono fuori le idee per i testi, i suoni da accostare e miscelare. Niente di più scontato o comunque naturale. I CCCP sono stati uno dei gruppi che, per la punk-wave italiana che conoscevo, ci ha più influenzato. Le prime cose mantengono tuttora un fascino intaccato, dai testi alle strutture talvolta eccentriche.

Due settimane fa al Candelara Art Festival avete suonato dal vivo per la prima volta dal vivo. Che sensazione è stata?

Sono contento di aver retto all’ emozione. Non sono tanto abituato, e tutto sommato è andata bene. E’ stato un live concentrato, una mezzoretta.

Prossime tappe/ obiettivi?

Nuovi concerti, nuove persone, nuove canzoni, niente di più. Un passo alla volta, senza strafare.

Andrea Quadroni
Andrea Quadroni
Andrea Quadroni, 27 anni, millanta origini austriache e un passato da suonatore di basso. Nato a Como, vive in un paesino alla periferia del mondo civile. Al liceo si pettinava con il sapone di Marsiglia, ha studiato tra Milano e Parigi e si è laureato da poco in storia. Scrive di musica, cura scrupolosamente i suoi baffi biondi-rossicci e ama ripetere con orgoglio “I saw Pulp live”.

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