mercoledì, Novembre 20, 2024

J Mascis al Festival delle Colline 2019: la meditazione ha influenzato la mia musica. L’intervista

Era uscito da due anni “Without a Sound“, il terzo degli album dei Dinosaur Jr. ad esser pubblicato per la Warner, quando J Mascis, fondatore della band insieme a Lou Barlow e Emmett Jefferson ‘Patrick’ Murphy, tentava il suo primo esperimento solista. Negli occhi e nelle orecchie dei fans, scorrevano ancora i mostri e il rumore bianco di I Don’t Think So, uno dei due singoli ad esser veicolato da un videoclip memorabile diretto dal fenomenale Greg Stump, snowboarder abilissimo “prestato” alla videomusica, dove J Mascis guidava un pickup, mentre le chitarre ruggivano e tre creature pelose assemblate dallo Studio Geppetto, gli ronzavano intorno come in una versione deviata del Muppet Show.

Dinosaur Jr. – I don’t think so – Dir: Greg Stump

I quattordici brani di “Martin+Me” pubblicati nel 1996, furono un vero e proprio shock. Registrati interamente dal vivo, non avevano niente del caos e della giocosità rumorista dei Dinosaur Jr. anche se l’album ne ripercorreva le tappe, rielaborando e spogliando, letteralmente, una manciata di brani tra quelli meno noti, contenuti in alcuni dei loro lavori come “Green Mind” e “Where You Been

Nessuna distorsione, via la batteria e il basso pulsante, J Mascis totalmente da solo e accompagnato dall’acustica, tranne in Drawerings dove alla sua si aggiunge la chitarra di Kurt Fedora.
A questa riscrittura del repertorio dei Dinosaur Jr. viene abbinata una scelta di cover davvero marginali ed eterogenee, rivelando una tendenza intimista che in qualche modo cerca da subito l’appiglio principale nella voce sghemba di J Mascis, capace di trasformare in un altro tipo di tormento un brano come Boy With The Thorn In His Side degli Smiths.

J Mascis guitarrorist (N.d.a. dal titolo di un memorabile progetto collettivo del 1991, pubblicato dalla No. 6 Records) sostituisce il rumore apparente e saturo con uno più sottile e rarefatto affidato alla qualità della voce, continuando in un certo senso a turbare gli animi, perché se “Without a sound” era stato scritto quando il padre stava morendo, “Martin+Me” sembra suggerire un raccoglimento voluto, gettando le basi per quelli che sarebbero stati i  futuri lavori solisti, ben più elaborati e pensati, senza quel fragile diaframma tra scazzo e professione evidentemente necessario in quel momento.

Sembra superfluo, soprattutto per la “critica” italiana, l’incontro di J Mascis con Mata Amritanandamayi, eppure avviene proprio in questo periodo, nel 1995. 
Quando ho chiesto a J Mascis quanto siano stati importanti la meditazione e gli insegnamenti di Anma, mi ha risposto “Moltissimo, la meditazione mi ha consentito di trovare nuove vie nella scrittura e ha influenzato maggiormente la mia musica“. 

Non ci ha voluto rivelare l’origine e la sorgente, anche se è facilmente rintracciabile nel lavoro condiviso insieme a Mikko Von Hertzen ed Herb Gaham Jr. dedicato al cinquantesimo compleanno di Anma e realizzato per supportare la sua struttura umanitaria. Nei 44 minuti raccolti in  “J + Friends Sing and Chant for Amma” c’è una fusione straniante tra la scrittura di J Mascis e la forma dei canti devozionali, una scelta che rimane certamente circoscritta all’evento del 2005, ma che in qualche modo ritorna, elaborata e trasformata, nei tre episodi solisti pubblicati dal nostro a partire da “Several Shades of Why” del 2011.

Elastic Days” è il terzo e più recente lavoro di quella che viene circoscritta come l’effettiva carriera solista di J Mascis per un’attitudine a considerare l’incompiutezza come difetto nel sistema, piuttosto che un propellente storicamente importante per comprendere il percorso di una trasformazione, estetica o interiore che sia. 
Il titolo ci è sembrato rivelatorio: “La title track – ci ha detto J Mascis – parla in un certo senso di perdita. “The plot of all elastic” è una frase che può essere assimilata alla scrittura di poesia e che cerca di comprendere come sia possibile passare il tempo per ciascuno di noi

Come David Lynch nel seminale “Catching the Big Fish”, J Mascis non ama spiegare il processo che c’è dietro la scrittura di un brano e preferisce brevi motti di spirito, troppo spesso scambiati per cinismo o scostante indolenza. Niente di tutto questo a mio avviso, perché il parlar poco del guitarrorist di Amherst è molto simile a quello dell’artista di Missoula. Apparenti “nemici” di qualsiasi intervista e capaci di sprigionare un’energia contraria a quella dell’ego giornalistico, lasciano uno spazio straordinariamente possibile rispetto a chi, insicuro su quello che pensa, parla sin troppo e ti costringe a tagli forzati, continue revisioni e riassestamenti.

Ci sono alcuni elementi, come piccoli Haiku, che sono venuti fuori nella conversazione e che tengono insieme un discorso interessante sulla liberta creativa nel lavoro di J Mascis, il primo si connette a quel punto medio tra scrittura e Jam: “La scrittura viene sempre per prima. Per quanto riguarda le canzoni che ho scritto, ho sempre strutturato e preparato tutto. Il Jammin’ viene dopo, in cima a tutto il resto, come la panna montata“.

Più di una prassi “decorativa” allora, sembra che ristabilisca un equilibrio fondamentale tra la forma e la libertà di ricombinarla in qualcosa di diverso attraverso il rumore, le imperfezioni della voce, l’instabilità di un gesto ancora vicino a quelli dell’infanzia. Nel video ufficiale di “Is it done“, tratto da “Several Shades  of Why” e realizzato da Clambake Animation, uno studio specializzato in animazione e cartoons per la pre-adolescenza, un bimbo getta colore su una tela con più sicurezza e meno tormento di Jackson Pollock “Assolutamente! – si è illuminato J Mascis – quello è mio figlio. Fare quel video è stato molto divertente“. Ha quindi annuito quando gli dicevamo che dentro quei gesti c’è qualcosa che ricorda il suo modo di fare musica, tra l’impressione astratta e lo sguardo di un bimbo. 

J Mascis – It’s Done – Dir: Clambake Animation

Un approccio che include l’aspetto più delicato e controverso nella scrittura di J Mascis, la presenza del rumore e quindi l’apparente assenza programmatica e complementare nei suoi lavori post Dinosaur Jr. “Amo il rumore – ci ha detto senza esitazioni – lo adoro quando è confuso con la melodia. Questo è il suono della maggior parte dei dischi con i quali sono cresciuto. Nei miei dischi solisti ha una forma più interiore, ed è quella la direzione in cui voglio andare. Verso il suono della mente

Torna all’infanzia creativa J Mascis, con un album che pur non aggiungendo elementi nuovi rispetto al precedente “Tied to a Star“, include episodi molto più centrati ed ispirati: “In questo disco ho lavorato personalmente alle parti di batteria. La batteria è stato il mio primo strumento, ci ho passato molto tempo per far pratica, proprio per questo mi piace suonarla ogni tanto. Adesso ho preso un nuovo set del 1970. Lo adoro e volevo assolutamente suonarlo per Elastic Days

La copertina dell’album, come altri artwork fondamentali nella sua carriera tra cui quelli disegnati da Marq Spusta, raffigura una piccola fata che accasciata, piange la morte di una sorella. In quest’immagine tenera e vicina al senso della morte, c’è la connessione meno scontata tra l’immaginario di un fanciullo e il ritorno di un viaggio più adulto, verso quella dimensione. J Mascis ce lo conferma in modo indiretto, con la semplicità di un gesto d’affetto e il frutto di un atto creativo che affonda le radici nel passato: “Il disegno era stato realizzato da un amico ed è in qualche modo tornato in suo possesso dopo moltissimi anni. Ero eccitato e felicissimo di potergli dare una nuova vita“.

Una dimensione quasi palindroma in questa “letteratura per l’infanzia” che durante gli anni della gioia e dello stupore, si confronta con la malinconia di stare al mondo, la stessa che informa la scrittura delle liriche nei dischi di J Mascis, ancora incendiaria e immaginativa, dove immagini e parole collidono e trovano nuova coalescenza come nell’arte di un pittore surrealista. Difficile capire dove finisca il processo e cominci la contemplazione. 

The movies in your head“, dice in “See you at the movies“, brano attraversato dal gioco combinatorio della parola, ma anche forte rivelatore di un’attitudine: “Mi piace scrivere per il cinema – ci dice quando gli chiediamo una connessione tra il brano e alcune colonne sonore che ha scritto – perché è più facile scrivere una canzone a partire da un’immagine, piuttosto che cercare di tirarne fuori una astrattamente dall’aria

Del resto, a chi sia capitato di leggere il bel “tour” intorno alla sua casa di Amherst pubblicato su “Loud and Quiet” magazine, non sarà sfuggito, a fianco della rampa di scale che conduce al primo piano, un grandissimo poster originale di “Harold & Maude”, il secondo lungometraggio di Hal Ashby: “Si è proprio la versione italiana del poster – ci ha detto – e l’ho comperata su ebay. Per la mia formazione è stato un film importantissimo

Non ne avevamo dubbi, il giovanissimo Bud Cort e l’anziana Ruth Gordon, gioventù e vecchiaia, vita e tendenze suicidali che si scambiano ruoli e posizione, in una storia di formazione che rompe tutti gli schemi rappresentativi e ci invita a guardare la vita al contrario, senza i limiti imposti dal tempo cronologico della società organizzata e da tutto ciò che viene considerato accettabile. 

C’è una connessione fortissima tra questa rappresentazione, ancora potentissima, dell’amore romantico e l’interesse di J Mascis per Dina Martina: “Sono un suo grande fan. Assolutamente, e l’ho voluta per il video ufficiale di Elastic Day. Ero eccitatissimo quando ha accettato di lavorarci

A dirigerlo ci sono Shane Wahlund & Michael Anderson, menti dietro al progetto Collide-O-Scope, tra le realtà più bizzarre, “camp” e creative di Seattle, legata al found footage e al recupero di un immaginario visivo che viene ricombinato in svariati contesti performativi di cui è difficile riassumere in questa sede portata e originalità. Già autori di tutto il sistema visual che supporta gli Show della drag queen Dina Martina, hanno sostanzialmente concentrato quell’immaginario nel video per J Mascis, quasi una replica beffarda e sul bordo delle clip televisive diffuse tra gli anni cinquanta e i sessanta e prodotte intorno alle performance in studio delle maggiori interpreti statunitensi. Le immagini non sono così lontane da quelle “allo specchio” di Peggy Lee, mentre interpreta “is that all there is?

J Mascis – Elastic Days – Dir: Shane Wahlund & Michael Anderson

La perdita del “plot” e delle coordinate narrative, il passare del tempo di cui ci parlava J Mascis, che è come perder tempo, ma anche perdersi e ritrovarsi altrove, in una delle più sghembe canzoni d’amore degli ultimi anni, trova un’altra flagranza nel volto della Martina, ritratta senza le manipolazioni digitali che caratterizzano buona parte dei suoi contributi video. La sua immagine viene ricondotta alla verità estrema del travestimento, ai tratti incandescenti della maschera che spingono sul limite tutti gli stereotipi percettivi legati alla femminilità.

J Mascis dimostra ancora coraggio da vendere nella scelta dei video che accompagnano ogni sua uscita, così vicini alla furia creativa dei primi ottanta, quando i Dinosaur Jr. non avevano incontrato Spike Jonze ed erano ancora nella famiglia SST, di cui faceva parte anche David Markey con la sua We Got Power Films. “I tempi cambiano e il fiume scorre“, ci ha detto quando gli abbiamo chiesto di ricordare quei momenti. La sua vicinanza a progetti creativi non convenzionali, lo mette in contatto con la dimensione migliore dei canali di condivisione di massa, dove la marginalità che era riservata ai progetti di Markey durante l’era MTV è adesso lontana e irreale.

[perfectpullquote align=”full” bordertop=”false” cite=”” link=”” color=”#f2ae27″ class=”” size=””]J Mascis sarà ospite il prossimo 12 luglio di uno dei più longevi e importanti festival della Toscana, che quest’anno compie 40 anni. Il Festival delle Colline lo accoglierà in una delle cornici storiche della nota manifestazione, il Centro per L’arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato[/perfectpullquote]

Suonerò principalmente brani dal repertorio dei Dinosaur Jr. e dai miei album solisti – ci ha detto – Sul palco utilizzerò una Gibson CF 100 E collegata ad un AC-30, oltre ad alcuni pedali

Questo il presente prossimo venturo, ma nel futuro cosa ci aspetta?

Un album tutto strumentale. Un vero e proprio lenitivo per le menti turbate e in difficoltà

J Mascis al Festival delle Colline

La voce e chitarra dei Dinosaur Jr. in concerto al Centro Pecci di Prato

In collaborazione con Fonderia Cultart

Venerdì 12 luglio 2019 – ore 21.30 – ingresso 18 euro
Anfiteatro del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica, 277 – Prato
Opening act: BLINDUR

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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