Il terzo album di jj è quello più pop, stemperata la produzione house del secondo episodio, sembra che V sia stato scritto per supportare la vocalità lieve e non convenzionale di Elin Kastlander con una grandeur strumentale più marcata e arrangiamenti di matrice orchestrale. Rimane intatta la qualità sognante ed eterea dei precedenti lavori, ma in una direzione che privilegia l’impatto romantico degli archi e relegando i contributi elettronici a sostegno della loro funzione, nel ruolo del classico bordone. Nonostante questo, la complementarità di synth e orchestra indica semplicemente una via senza ingombrare la scena; la voce della Kastlander viene sostanzialmente lasciata libera di percorrere una direzione modale, occupando così il centro di un songwriting semplice e sbilanciato tra la forma a cappella e certa retorica melensa di ascendenza nordica. Senza nessun timore di sfiorare l’estetica peggiore della musica per il cinema (Dynasti) o un folk da videogame (Fågelsången)”V” procede senza lasciare segni rilevanti, tranne lo sforzo muscolare necessario a trattenere qualche sbadiglio di troppo.