venerdì, Novembre 15, 2024

JM Airis – Wild Birds: la recensione

JM Airis ha registrato i brani di Wild Birds in un seminterrato newyorchese, il suo studio di registrazione chiamato Terminal NY, vero e proprio sotterraneo creativo dove potersi isolare dal mondo e scrivere una manciata di brani ispirati alla tradizione americana.

New york, secondo Airis, è come la Roma dell’impero americano e proprio per questo le dieci tracce di Wild Birds documentano lo stato della città e la perdita di quel sentimento comunale che metteva in contatto le varie anime del luogo. I temi e l’ordito sonoro sono apparentemente simili al precedente Indian Summer, ma la direzione è più marcatamente orientata a recuperare quel roots rock che da Dylan va verso Springsteen senza cedere alle tentazioni epiche di musicisti come Ryan Adams ma tenendo ben al centro quella malinconia quotidiana che gli consente di dialogare a distanza con lo stile di Jeff Tweedy.

Ma non c’è solamente questo, perché il folk di JM Airis allarga lo spettro sonoro introducendo un concetto di “Americana” molto più visionario e i cui suoni contrastano con le deformazioni sanguigne di una voce à la Dylan. Vengono in mente i primi American Music Club (Sliders, la bellissima Spine to spine) ma anche certo psych rock anni sessanta (False Bird), accenni desert (Infinite sun).

Supportato da una strumentazione vintage originale, tra cui amplificatori a valvole, compressori e pre-amps degli anni sessanta, l’album è immerso in un suono le cui radici connettono più storie della musica americana, tenendo al centro l’anima folk più onesta e diretta.

L’album è uscito il 25 maggio 2015 per Totally Gross National Product.

Ugo Carpi
Ugo Carpi
Ugo Carpi ascolta e scrive per passione. Predilige il rock selvaggio, rumoroso, fatto con il sangue e con il cuore.

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