lunedì, Dicembre 23, 2024

Julinko, ritratto in movimento. La collaborazione con Elisetta e Linda De Zen

Giulia Parin Zecchin, in arte Julinko, prosegue nella sua ricerca sincretista, oltrepassando i confini tra Doom e Drone Music con il nuovo ep "No Destroyer". Per veicolarlo, un videclip, tra video poesia e lyrics video, animazione e visuals, realizzato con i disegni di Linda De Zen e le animazioni di Elisa Fabris in arte Elisetta. Le abbiamo intervistate tutte e tre per farci raccontare questo originale ritratto in movimento.

No Destoyer è il nuovo EP di Giulia Parin Zecchin, in arte Julinko. Pubblicato grazie alla collaborazione di tre label come Dio Drone, Ghost City Collective e Dischi Devastanti sulla Faccia, è uscito in versione CD audiocassetta ed è disponibile in versione digitale anche attraverso Bandcamp. Veicolo promozionale del nuovo lavoro, un videoclip realizzato grazie alla sinergia tra la pittrice Linda De Zen e l’animatrice / videomaker Elisa Fabris (Elisetta Jomodoro). L’inclusione dei testi insieme alla decostruzione dell’artwork di “No Destroyer”, ne fa un ibrido originalissimo tra le istanze dei lyrics video e un’ipotesi materica e cangiante di videopoesia.

Non a caso, Giulia Parin Zecchin, durante l’annus horribilis 2020, ha pubblicato una raccolta di poesie per Eretica Edizioni, intitolata “Il Cuscino È il Confessore“, dove emerge una relazione metamorfica con la parola.

Qui la parola diventa oggetto, segno grafico, ideogramma, quindi immagine, in una mutazione a vista d’occhio che partecipa in egual misura dello spirito legato al cinema d’animazione, con quelle forme che procedono dai visuals verso una rilettura personale e non allineata delle possibilità motion gaphics.

Oltre a questo, la clip di “No Destroyer” ci è sembrata un’ottima sintesi di quella relazione tra artwork e videoclip, che attraversa le migliori stagioni della videomusica, a partire dagli anni ottanta, dove l’uno era il prolungamento dell’altro. Una dimensione che sopravvive nel contesto underground per un motivo tanto semplice, quanto trascurato: la sopravvivenza dei supporti fisici (Vinile, CD, audiocassetta) come forma di artigianato creativo, da dove possono originarsi racconti molteplici e percorsi transmediali.

Per conoscere da vicino il lavoro e le intenzioni di queste tre artiste brillanti, abbiamo fatto una conversazione con loro intorno alla realizzazione di “No destroyer”.

Julinko – No Destroyer (Disegno, Linda De Zen; Animazione Elisetta Jomodoro)

Pittura, illustrazione, animazione. Elisetta e Linda Come avete messo insieme il vostro talento e le vostre competenze per il lyrics video di “No destroyer”? Raccontateci l’interazione e il lavoro svolto.

Elisetta: Quando Giulia mi ha proposto di creare un lyrics video per No Destroyer, aveva con Linda già definito l’artwork del disco: per questo ho principalmente interagito con Giulia, definendo da subito che il disegno di Linda sarebbe stato il soggetto, il filo conduttore dell’animazione, e che non sarebbero state necessarie integrazioni da parte di Linda: eravamo tutte e tre d’accordo su provare ad estrapolare un’idea suggerita dall’immagine, invece di creare un’immagine che si adattasse a un’idea, com’è invece spesso il processo di progettazione di un video animato. Volevamo fosse un ibrido tra un lyrics video e un videoclip. Un lyrics video che incorporasse l’artwork in maniera centrale attraverso un’idea e non soltanto con una composizione degli elementi. Ne è emersa subito la possibilità della deformazione del tratto. Di approfittare del tratto per creare un gioco visivo. Ho quindi digitalizzato il disegno di Linda con un ritracciamento dei singoli segni, che ho poi animato singolarmente, allontanandoli e riavvicinandoli tra loro nel tempo in maniera esponenziale, in modo che lungo tutta la durata del brano la decomposizione dei tratti si esasperasse progressivamente. Non essendoci una reale narrazione nel video, non si è reso necessario uno storyboard.

Linda: Giulia stava dando forma a questo suo progetto, potente, personale e unico e mi ha chiesto di fare un’illustrazione, partendo da suo ritratto. Ho avuto la fortuna di ascoltare le tracce in anticipo e questo mi ha permesso di immergermi nella sua sonorità, nel suo mondo e disegnando io ad occhi chiusi, o meglio senza guardare il supporto dove traccio il segno, ho potuto dare questa forma all’immagine di lei. É stato un lavoro di neri e rossi, di spessori e di scelte di penna e di pancia, sia per il tratto fino che per il poco uso del colore. Non avevo mai visto un mio ritratto animato e il lavoro fatto da Elisetta è una magia che a mio avviso dona al volto di Giulia le mille sfumature dell’espressione. Cambia, muta si scompone e ricompone seguendo la musica ma anche le varie personalità contenute in ciascuno. Il progetto è stata una staffetta di competenze, dove Giulia teneva le fila del suo pensiero lasciandoci libere di farlo anche nostro.

Giulia, che tipo di indicazioni e interventi hai offerto per il video. Libertà massima o
controllo assoluto?

Giulia: Ho semplicemente riportato ad Elisetta un’illuminazione notturna, certa che lei sarebbe riuscita a realizzarla grazie alla sua abilità e al suo gusto. Da tempo ero alla ricerca di un’idea semplice ed efficace per accompagnare “No Destroyer”. M’interessava dare un’immagine iconica ma intimista, forte della sua fragilità, in linea con i sentimenti che mi legano al brano e col periodo critico in cui è stato registrato. In precedenza avevo chiesto a Linda di fare un ritratto all’autoritratto fotografico che fa da copertina all’Ep. Il disegno conteneva tutto – minimalismo e drammaticità; iconicità e frammentazione – e l’ho
immaginato in movimento, insieme al testo; necessità espressiva e comunicativa che non avevo mai sentito prima, nell’ambito dei miei video musicali. Dunque queste sono state le mie due richieste, dopodiché Elisetta ha svolto il tutto secondo la sua sensibilità. Essendo abituate a collaborare, è stato molto naturale guidare l’opera verso la sua destinazione finale, consultandoci solo in un paio di momenti riguardo alla forma che stava assumendo. Era proprio quella che desideravo e che avevo visto ad occhi chiusi.

Julinko live, foto di Lukáš Veselý

Elisetta e Linda, il videoclip è uno strano ibrido. Da una parte la scomposizione dell’artwork che è legato alla musicassetta di Julinko, dall’altra una forma di lyrics video diversa dalla forma “motion graphics” a cui ci ha abituato l’industria. Al contrario dei prototipi di consumo, la cornice è fissa e assistiamo ad una scomposizione degli elementi costitutivi del tratto, quasi molecolare. Come mai questa scelta?

Elisetta: Personalmente ho trovato interessante il processo di distruzione dell’immagine in contrapposizione al titolo e al senso del brano, No Destroyer. Il disegno di Linda, che poi è un ritratto di Giulia, sembra continuamente perdersi ma cercare di ricomporsi, in un flusso vibrante e oscillante com’è la musica che accompagna. Poi a tratti la sensazione è vagamente cosmica e onirica, che sono due parole che ben si accostano al progetto Julinko. Il prototipo del consumo non esiste perché Julinko è un prodotto artigianale e necessita del giusto tempo d’ascolto, di un rituale di raccoglimento, nel quale una motion graphic frenetica come quelle industriali non trova il giusto spazio. In questo è stato fondamentale il punto di vista di Giulia, perché inizialmente l’animazione aveva già le caratteristiche di questa lenta scomposizione ma mancava il giusto trattamento cosmetico. Mancava qualcosa a livello di vibrazione, e l’introduzione del potenzialmente ingenuo effetto-pellicola in questo caso ha funzionato bene, apportando a un video che era troppo “pulito” una sensazione di
oscillazione, una corda vibrante. Una maggiore generica intensità.

Linda: Trovo che il video scandisca bene il tempo della musica, che il lavoro fatto da Elisetta di destrutturare ogni singolo segno e rendendoli autonomi uno dall’altro restituisca la stessa mutevolezza visiva delle note della musica stessa. E un lavoro di compenetrazione sonora e visiva, quasi un viaggio onirico in luoghi diversi dell’espressione. Essendo il primo progetto musicale a cui partecipo non conosco le regole estetiche che dovrebbe avere, ma già che esista un canone e la possibilità di discostarsi da esso mi sembra un motivo valido alle scelte stilistiche fatte. Giulia crea suoni che inducono sia a pensare che a viaggiare e la non linearità della forma del video aiuta l’ascoltatore a trovare una propria dimensione di ascolto.

Giulia, la tua musica a mio avviso contiene una componente visuale molto forte. Non solo per il modo in cui dialoga con le suggestioni e i segni di una spiritualità sincretica, ma anche per le scelte sonore, che si muovono tra la materialità terrestre del Doom e la forma più eterea di una drone music ipnotica e visionaria. Cosa ne pensi e soprattutto quanto e come per te l’immagine diventa complementare e parte dei tuoi suoni?

Giulia: L’immaginazione è il primo movimento di creazione. Un oggetto, un colore, una scena: noi tutti creiamo un’immagine personale interiore di quello che vediamo e viviamo. È la nostra esperienza della realtà e va a formare i contenuti del nostro futuro prossimo. Colleziono foto della mia vita quotidiana: autoritratti, scenari naturali, dettagli, particolari sfocati. Una specie di registro del “percepito” e del “possibile”. Sono appassionata di pittura ed illustrazione. I miei giorni hanno sempre un tema visivo che spontaneamente affiora. Lascio libri aperti su immagini specifiche, cambio lo sfondo del pc e del cellulare per accordarmi al tema. Sono una musicista autodidatta, ho cominciato a cantare da molto piccola facendo parte di cori di musica sacra, ho tenuto diari di pensieri sin da bambina. Quando da adulta mi sono ritrovata a comporre con voce e chitarra, mi sono sempre ritrovata aggrappata ad un’immagine, legata ad una sensazione o a un suono: una scena vista per strada, una scarica di tuono nel cielo, l’intensità e l’odore del verde muschio d’inverno, l’indaco del mare, la profonda cavità di una grotta e la sua eco, la forma di una ferita, il singhiozzare ovattato di un volto rivisto in un sogno. (Ri)suonare per me è il modo più potente per vivere e per riportare una multidimensionalità esistenziale. La musica è fatta d’aria, organi, vibrazioni, strumenti, echi, elettricità, parole, silenzi, persone, solitudini… e tendo a viverla nelle sue estremità: dall’estasi al tormento, dal polveroso sotterraneo all’etereo sognante. Un gioco interessante che finora mi ha sempre divertita ed appassionata molto è stato quello di creare per ogni album/ep un’immagine in cui confluisse tutto ciò che la musica contiene. L’immagine è una porta: la creazione dell’artwork non è meno importante di ciò che succede a livello sonoro. Concepisco il tutto come parte della stessa opera.

Julinko – Sweet Demon di Andrea Petrovičová

Parto da lontano; per indie-eye ho intervistato personalmente e più volte Chelsea Wolfe. La prima volta abbiamo collaborato nella realizzazione di un video a distanza, dove Chelsea ci ha sostanzialmente fornito i suoi primi videoclip, da lei diretti. Nel tempo ha mitigato questo accentramento, lavorando sulla sua immagine come icona, grazie ad una serie di collaboratori audiovisuali che ne hanno curato tutti gli aspetti espressivi e mediatici, separando quindi ruoli che prima erano maggiormente confusi. La domanda è quindi duplice; Chelsea Wolfe è per te un riferimento? E in secondo luogo, pensi che la separazione di ruoli sia fondamentale per il modo in cui concepisci il tuo spazio creativo?

Giulia: Avevo iniziato a comporre da un paio di mesi quando incappai per la prima volta in un video di Chelsea Wolfe, nel 2013. Era un live acustico di “Flatlands”. Fui subito ammaliata dalla sua voce e dalla sua aura. Percepii in lei qualcosa di molto familiare. Il suo modo di fare musica mi rivelò un canale espressivo che era ancora latente in me. Il mio lavoro è spessissimo accostato al suo. Seppur a volte ciò avvenga per pura necessità di categorizzazione, la cosa mi onora, perché amo tutti i suoi dischi. Quindi sì, posso certamente affermare che per me è un’artista di riferimento, una sensibilità a cui mi sento particolarmente legata. Personalmente sono maggiormente attratta dai suoi primi videoclip che dalle produzioni più iconiche degli ultimi anni, ma a livello musicale il suo percorso continua essere molto autentico e vario. La sua immagine mediatica è diventata poderosa pur mantenendosi sempre coerente con l’essenza poetica ed estetica che l’ha caratterizzata sin da “The Grime and The Glow”. Rendere accessibile la propria opera ad un pubblico più ampio di quello dell’ambiente alternativo/underground, è fondamentale per chi fa della musica la sua professione. Da questo punto di vista credo sia più efficace lasciar fare ad ognuno il suo lavoro ed esprimere le proprie competenze. Nel mio piccolo, il video di “No Destroyer” me l’ha dimostrato. Dopodiché, mi sento di dire che ognuno ha il suo percorso, e spesso i musicisti tendono alla multidisciplinarietà: perciò dipende tutto da dove si decide di concentrare le proprio energie e i proprio sforzi, dalle opportunità che ti si presentano dinnanzi. Per quanto riguarda Julinko, il progetto è ancora un ibrido in cui le mie forze interagiscono con ispirazioni e talenti altrui, dirigendone i movimenti.

Per esempio, per quanto la tua videografia sia costituita ancora da poche clip, cerchi una costante nelle modalità espressive, nell’atmosfera e nel tono dei video che si riferiscono alle tue canzoni?

Giulia: I video che ho realizzato prima di “No Destroyer” insieme ed Elisetta e Carlo Veneziano sono abbastanza omogenei tra loro: riportano delle gestualità rituali e simboliche, accostando l’esperienza del sacro e del mistico ad una dimensione selvatica e decadente, in certi casi quasi primordiale.

Julinko, Sycamore Tree. Video di Elisa Fabris.

Ho diretto e montato delle clips anche di natura più intimista e frammentaria, come per esempio “Gold and Slumber” , “πᾶν”, “Mime the Masque”. “No Destroyer” è figlio del momento in cui tutti programmi che avevo in testa sono saltati nel giro di poche settimane, a causa della crisi pandemica: concerti, prove, produzioni, investimenti musicali.

Julinko, Ruins. Video di Elisa Fabris

Insieme a tutti i programmi sono probabilmente sfumati anche i contorni di una certa idea estetica che avevo del mio progetto e della mia arte in generale, lasciando spontaneamente spazio a nuove forme espressive: ho messo insieme una collezione di poesie in italiano edita Eretica Edizioni; ho pubblicato un EP brevissimo sfidando le mie stesse aspettative passate di necessaria lunghezza e corpulenza; è arrivata l’animazione… Soffia un vento nuovo, e in controtendenza con le dinamiche restrittive di questi giorni, mi sento più libera. E la mia arte con me.

Julinko, Mime the Masque – video di Giulia Parin Zecchin

Elisetta e Linda, Tra illustrazione e animazione c’è un passaggio nient’affatto scontato. Cosa si perde e si guadagna, in termini espressivi.

Elisetta: In termini di perdita, con l’animazione si va principalmente a perdere l’oggetto. Si perde il valore del tangibile in cambio di un prodotto digitale. Si perde anche l’autonomia nella scelta del tempo che vi ci vogliamo dedicare. Un video dura una determinata quantità di minuti: è un approccio diverso, per l’attenzione dello spettatore, rispetto a un dipinto da guardare, potenzialmente, all’infinito. In cambio si guadagna l’animazione stessa, e quindi la possibilità di raccontare, di poter far accadere qualcosa nel tempo. Un disegno diventa libero di muoversi e gli effetti conseguenti sono limitati (quasi) solo da eventuali lacune immaginative.

Linda: Non è ne perdita ne guadagno, è un cambiamento, la scelta di modificare i termini di percezione, da un’immagine statica ad una in movimento, da un’interpretazione unica di un oggetto tangibile alle sue mille sfumature su un supporto digitale in movimento. Cambiando i parametri e gli intenti dell’osservazione abbiamo un’evoluzione sia del segno che del contenuto. La cosa interessante è che il veicolo su cui si muovono i cambiamenti è la musica.

Elisetta reel 2019

Elisetta e Linda, che esperienze avete avuto con il formato videoclip e che potenzialità ha secondo voi, proprio adesso che l’animazione sembra nuovamente al centro di questo formato ibrido e di convergenza?

Elisetta: Ho avuto l’occasione di lavorare a diversi videoclip in animazione. Con Julinko abbiamo dei precedenti, ma in tutti i casi si è trattato di shooting, quindi riprese e montaggio, nessuna animazione se non qualche effetto psichedelico in post-produzione. Ho realizzato video animati per Maurizio Abate, per Love in Elevator, OJM, Fango, e per la band corregionale Los Massadores. Il potenziale sta nell’assenza di limiti a livello narrativo. Tutto quello che può essere immaginato può, più o meno, essere disegnato e animato. Più o meno, per la complessità che l’animazione può in certi casi raggiungere, o per via dei tempi di realizzazione che possono allungarsi anche di molto rispetto al tradizionale shooting editing. E i conseguenti costi. Ma di certo non servono comparse, videocamere, luoghi perfetti, stagioni favorevoli. Potenzialmente può lavorare anche una persona sola, con un computer, nel suo studio.

Linda: Occupandomi principalmente di quadri e libri è stata una sorpresa vedere come il disegno possa essere manipolato e reso a sua volta tela bianca per qualcos’altro. Le possibilità sono infinite e proprio per questo danno la possibilità di creare nuovi concetti da trasmettere e nuovi stimoli visivi. I limiti del nostro mondo sono i limiti del nostro linguaggio, è importante avere strumenti nuovi con cui reinventare ciò che vorremmo vedere nel mondo. Ringrazio veramente Giulia ed Elisetta per questa esperienza che mi ha arricchito molto. Ora vorrei fare una mostra di volti animati!

Linda De Zen

Giulia, la tua immagine live è molto potente. Oltre ad una serie di video funzionali, ne circola uno girato a Varsavia. Sembra realizzato a bassa definizione. Si tratta di un trucco oppure è davvero stato girato su nastro VHS? In ogni caso, il risultato visivo e aurale è molto interessante, puoi parlarcene?

Giulia: I due frammenti del live sono stati filmati nell’agosto del 2018 al Chmury di Varsavia. È certamente poetico immaginarli come dei nastri roteanti ed usurati, ma non è così. La promoter del concerto, Magda, in arte S.K.Y., è anche un’affascinante cantante ed artista, molto attiva nella scena elettronica e DIY polacca. Realizzò i filmati con il suo cellulare ed un app che ricrea appunto l’effetto VHS. Su Youtube si trova un suo videoclip realizzato con lo stesso mezzo. Il singolo si chiama H e a d s h o t. Il concerto faceva parte parte di un tour di una decina di giorni attraverso diversi paesi dell’Europa centro-orientale, in formazione con Carlo Veneziano (batteria e synth) e Francesco Cescato (basso). Purtroppo non si percepisce da questi video, ma Francesco si esibì ogni sera sul palco indossando un lunga tunica nera, dopo essersi dipinto corpo e viso di un intenso blu elettrico. Era un suo modo per entrare nella musica, che effettivamente aveva molto di quel colore. L’effetto visivo era davvero potente. Al ritorno dal tour registrammo il full-lenght album Nèktar, uscito nel 2019 in vinile e cassetta per Toten Schwan Records e Stoned to Death Records. L’immagine di copertina ruota attorno ai toni del blu!

Julinko, foto di Andrea Petrovičová
Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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