A poche ore dalla vittoria dei Kalush Orchestra all’Eurofestival 2022, la band pubblica il videoclip ufficiale di Stefania, il brano in gara, sul canale youtube ufficiale.
Si tratta di un video durissimo, girato direttamente nelle città devastate dai bombardamenti russi: Bucha, Irpin, Gostomel, Borodyanka.
Il brano, inizialmente dedicato alla madre come ha chiarito in più occasioni Oleh Psiuk, front leader della band hip-hop, non ha alcuna connessione con la guerra, ma i riferimenti alle proprie radici, l’hanno a poco a poco trasformato in un anthem legato alla madrepatria e al desiderio di un ritorno a casa, sotto il segno della vittoria.
Il videoclip cala la band di Psiuk direttamente nel teatro di guerra. Questo diventa spazio performativo, con i codici visuali che definiscono buona parte della street culture, ma dove la metafora delle aree suburbane derealizzate e di certo immaginario post-apocalittico, vengono sostituiti con l’immagine flagrante di uno spazio comunitario ferito a morte. Un bel cortocircuito con la pornografia cospirazionista che in più di un’occasione si è pronunciata sull’invasione russa dell’Ucraina, parlando di finzione e di influencer. Quella di Kalush Orchestra è allora una scelta radicale, che trasforma il ruolo e la posizione d’influenza della condivisione mediatica, in uno strumento politico istantaneo, perché dove non ci sono più teatri di posa, il set è il teatro delle vite spezzate. Ksjonda usa i mezzi della comunicazione audiovisiva contemporanea, sfruttati anche in tempo di guerra, strappando la prospettiva vojeuristica e intrusiva dei droni e trasformandola in linguaggio, d’azione, di resistenza e di rivelazione, tra orrore e solitudine.
All’esibizione della band in mezzo alle macerie e alle città distrutte, si aggiungono una serie di sequenze che ripetono lo stesso motivo, quello dei bambini salvati dall’esercito ucraino.
La regia è di Max Ksjonda, regista di talento attivo nella realizzazione di spot pubblicitari, video musicali, alcuni cortometraggi e un lungometraggio di fantascianza intitolato The Bobot, che traspone il teatro di guerra al centro di un conflitto alieno. Nato a Donetsk nel 1978, si è laureato alla Kiev National University of Theatre, Cinema and Television nel 2009, anno in cui ha cominciato la sua carriera come freelance, che già nel 2012 gli ha consentito di vincere moltissimi premi internazionali per il suo cortometraggio “The Way (Doroga)“, storia di un divorzio osservato dal punto di vista di un bambino. Lo sguardo dell’infanzia sarà al centro di altri suoi lavori, incluso The Bobot e il suo nuovo lungometraggio, l’imminente The Tank. Anche il video di Stefania sceglie lo stesso sguardo e ricombina lo spazio della guerra attraverso l’occhio infantile, sospeso tra innocenza e scoperta dell’orrore.