venerdì, Novembre 22, 2024

Kreng – The summoner: la recensione

Se si esclude il box retrospettivo Works for Abattoir Férme, Kreng torna dopo quattro anni dalla pubblicazione dell’acclamato Grimoire con il suo lavoro più intimo e personale. Concepito da Pepijn Caudron dopo una serie di eventi luttuosi, The Summoner è un percorso di espiazione ed elaborazione del lutto suddiviso in sei stazioni, dal rifiuto (Denial) fino all’accettazione (Acceptance), dove Kreng rielabora il suo lavoro sull’orchestrazione scegliendo una via radicalmente diversa da Grimoire, nonostante timbricamente, ne sembri la prosecuzione.

Realizzato con l’aiuto di una sezione d’archi di dodici elementi, procede per cluster attraverso la dialettica pieno/vuoto, sostituendo il concetto di crescendo con un risultato caotico e cacofonico, una discesa nell’abisso che mantiene saldi tutti i confini di una musica meditativa, minandone dall’interno i principi, e che improvvisamente esplode nella catarsi di The Summoning, dove gli archi si confondono al doom metal dei belgi Amenra, come se si trattasse di uno strappo improvviso, uno shock emotivo a cui fa da contraltare la struttura ascensionale di Acceptance“, con il piano in emersione da un tappeto sonoro impercettibile ed evanescente, e la presenza dei pedali esaltati nella registrazione, quasi a suggerire il senso di un respiro.

The Summoner, rispetto ai precedenti lavori di Kreng si lascia alle spalle la dimensione meditativa e quella decostruzionista sperimentata ne L’Autopsie Phenomenale De Dieu, privilegiando un approccio maggiormente fisico, dove gli esecutori ingaggiano un corpo a corpo con lo strumento, strappandone le corde, elaborando uno slapping improvviso e ferale, cercando la dissonanza attraverso l’interpretazione emotiva.

In questo senso, il ruolo di The Summoning, strutturata in senso più tradizionale intorno al suono degli Amenra, come si diceva, assume il senso di una liberazione catartica rispetto alla ragnatela sensoriale costruita fino a questo momento, anche per questo il finale pianistico, sospeso quasi in un’afterlife immaginale, acquisisce per contrasto una forza incredibile, come se la musica di kreng, dall’esperienza personale, si trasformasse in una ricontestualizzazione rappresentativa del percorso che allude all’elaborazione del lutto, trosportandoci direttamente in mezzo alla sofferenza; la luce infine arriva, ma la forza di The Summoner rimane un’esperienza del dolore extra-ordinaria alla quale avvicinarsi con rispetto e cautela.

Donatella Bonato
Donatella Bonato
Veneta, appassionata di tutti quei suoni che alterano la percezione, si è laureata in storia dell'arte nel 2010 e alterna la scrittura critico-musicale al lavoro per alcune fondazioni storiche.

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