sabato, Novembre 2, 2024

La Hell Gang – Thru Me Again: la recensione

Ritengo che i La Hell Gang, terzetto dedito al rock psichedelico di Santiago, Cile, siano finalmente la risposta tardiva a una domanda dalla risposta scontata: il rock è il male?

La risposta, paradossalmente, è un sì convinto.

Thru Me Again è un risveglio sudato nella stanza 237 dell’Hotel California, Charlie Manson che ti offre un calice ricolmo del sangue  di chissà quali vittime, il colpo di sonno del camionista in prossimità dell’ennesimo tornante. Non so come sia stato possibile per i La Hell Gang creare un disco così malefico, nascosto dietro l’apparenza di una psichedelia dalle atmosfere desertiche. Non crediate che questa musica possa essere solo frutto dell’alchimia dei tre cileni KB Cabala, Nes e Sarwin. Niente affatto: questa è la riprova che il diavolo esiste . Cari atei e agnostici, mettetevi l’anima in pace, perché non c’è niente di più sibillino e malefico di Thru Me Again.

Ogni traccia ripete una concezione del male intesa in senso classico. È una persuasione lenta, velenosa, di quel veleno che ci mette anni prima di roderti tutti gli organi interni e l’anima stessa.
La ripetizione circolare e monotona del disco potrebbe essere il resoconto delle visioni di Jim Morrison mentre sfondava le porte della percezione a colpi di blues. Ma proprio quelle porte lo hanno rigettato nel mondo dei vivi ormai cambiato, diverso, alterato. E così potreste subire lo stesso trattamento se vi farete irretire  da questa miscela ben prodotta e suonata ,tra ripetizione kraut e arsura sudamericana (The Beginning Remains The End spiega tutto già nel titolo). Il basso scava la sabbia e l’anima, la chitarra diventa  come il flauto del pifferaio magico, e la batteria  segna solo lo scorrere delle pulsazioni cardiache che come per tutti gli esseri viventi ha un inizio, un crescendo e una fine.

Solo l’ascolto della traccia chiave, ovvero Sweet Dear, è la catarsi della musica pop che per rimanere nella memoria dell’ascoltatore si vende al demonio. Everywhere I Go barcolla come The End dei Doors, ma agisce sottotraccia, in modo subdolo, nel lavorare la psiche fino a farla scoppiare. So High potrebbe raccontare una sbronza come pure l’ascesa al regno dei cieli, sta alla capacità dell’ascoltatore rimanere equilibrato durante l’ascolto.

Nonostante tutti i pericoli di cui vi ho parlato, gli effetti collaterali del disco sono legati alla sua durata, quindi cercate di superare l’istinto che vi spingerebbe a unirvi al lato oscuro della forza: è solo un momento, poco meno di quaranta minuti, e poi potrete riprendere la vostra esistenza con la pace e la tranquillità a cui siete abituati.

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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